venerdì 24 dicembre 2010

NON E' FINITA! E' SOLO L'INIZIO.....

Riforma Gelmini, i professori di Bologna
"Pronti al referendum abrogativo"
Se il Ddl dovesse essere approvato, i docenti dell'Alma Mater inizieranno a raccogliere le firme nelle aule universitarie ai margini delle lezioni: "Siamo preoccupati per il futuro, vicini a ricercatori e studenti"

Riforma Gelmini, i professori di Bologna "Pronti al referendum abrogativo"

Sono pronti a raccogliere le firme nelle aule universitarie, a margine delle lezioni i "professori preoccupati", così si definiscono. Preoccupati per le conseguenze che l'eventuale parrovazione del ddl gelmini sull'università comporterà per il futuro di studenti, ricercatori e professori stessi. Se il ddl passerà, infatti, nascerà un referendum abrogativo.

I "professori preoccupati" hanno stilato una piattaforma di sette punti, sulla quale stanno raccogliendo adesioni fra i docenti bolognesi. "Non stiamo coinvolgendo ricercatori e studenti - ha spiegato Maurizio Matteuzzi, che insegna filosofia del linguaggio - perché, pur condividendo le loro posizioni, vogliamo dimostrare che non è vero che i docenti sono d'accordo con la riforma Gelmini".

I 'professori preoccupati' chiedono di mantenere la natura rigorosamente pubblica della ricerca, rispetto dell'autonomia nella definizione delle strutture amministrative, valutazione in tempi certi dei docenti e periodicità affidabile dei concorsi.
Chiedono anche fondi pubblici per garantire il diritto allo studio ed impegni di lungo periodo come l'allineamento alla media Ocse del rapporto studenti-professori e della spesa per la ricerca in rapporto al Pil.

Un impegno diretto del mondo universitario. "Vogliamo che il comitato per un eventuale referendum - ha detto Matteuzzi - venga promosso dal mondo accademico con le Università che raccolgono direttamente le firme, con un sussulto d'orgoglio del nostro mondo. E vogliamo anche che l'ateneo bolognese prenda una posizione: non siamo d'accordo sul fatto che il nostro, essendo virtuoso, tenda a salvare se stesso". Una delle richieste dei "professori preoccupati" è quello che l'Ama Mater esca dalla Crui, che ha sostanzialmente appoggiato la riforma Gelmini.

mercoledì 22 dicembre 2010

Buone Feste


Auguro a tutti e a tutte buone feste!!!!!

giovedì 16 dicembre 2010

Una bellissima lettera di Saviano agli studenti

L'INTERVENTO
Lettera ai ragazzi del movimento
di ROBERTO SAVIANO

Lettera ai ragazzi del movimento
CHI HA LANCIATO un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee.

Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia.

I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchie reazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicità dei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia martedì. Poliziotti che si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia, frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziotti isolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scena che non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra in strada, questo governo ha vinto ancora una volta. Ridurre tutto a scontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazioni e così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro vengano raccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre e lacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone. Pregiudicandolo, rovinandolo.

Scrivo
questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stanno occupando le università, che stanno manifestando nelle strade d'Italia. Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita, pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove la metti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi non arriva a fine mese e aspetta da vent'anni che qualcosa nella propria vita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tirati indietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con una sassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa.

Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il "blocco nero" o come diavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere del movimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il Subcomandante Marcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavano di smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelli quello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cui scintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto più pericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualche secondo.

Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col casco e le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa, continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciare una camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano come esca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, e delatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti i suoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. E' su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere.

Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia di evitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po', per poi tornare a com'era, a come è sempre stato. L'idea di un'Italia diversa, invece, ci appartiene e ci unisce. C'era allegria nei ragazzi che avevano avuto l'idea dei Book Block, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa di coscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tutto parte dai libri, dalla scuola, dall'istruzione. I ragazzi delle università, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vedere con i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat sia affrontare il capitalismo. Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo.

Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età e per - Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giorno contro tutto quello che sta accadendo - abbiamo i nostri corpi, le nostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non i soliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano "parole d'ordine". Questa era la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna. Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanare i violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serve per pensare, non per fare l'ariete. I book block mi sembrano una risposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza sapere cos'è l'anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fare agli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Si nasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in grado di vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allo studio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e non si nasconde, anzi fa l'esatto contrario. E se le camionette bloccano la strada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stanno arrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, a chi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono diritti da difendere, che c'è chi li difende anche per loro, che c'è chi garantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica e democratica perché è questa l'Italia che si vuole costruire, perché è per questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sulla porta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più che bruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questo paese. Questa è l'unica battaglia che non possiamo perdere.
©2010 /Agenzia Santachiara

(16 dicembre 2010)

mercoledì 15 dicembre 2010

ricevimento 16 dicembre 2010

La dott. Mancini riceverà gli studenti nel suo studio il 16 dicembre 2010 alle 9,00 e poi dopo il consiglio di Facoltà che comincerà alle 10.

lunedì 13 dicembre 2010

appello 14 dicembre

L'appello del 14 dicembre avrà luogo all'ufficio della Dott. Mancini. Cubo 20B ultimo piano. Scusatemi per il ritardo. Ho provato fino all'ultimo a trovare un'aula ma sono tutte occupate. nel caso trovassi un'aula domattina, troverete l'avviso fuori alla mia porta!

BM

lunedì 6 dicembre 2010

Alcune “leggende metropolitane” sull’università italiana


Alcune “leggende metropolitane” sull’università italiana



In questi anni sono circolate svariate informazioni inesatte (e talvolta false) sulla riforma universitaria, sulla protesta, ed in generale sull’università italiana. Per correggere i difetti del sistema (difetti che ci sono, beninteso) bisogna prima di tutto capirlo: è quindi essenziale sgombrare il campo da informazioni fuorvianti.
Un problema bene impostato è già per metà risolto.
Selezioniamo qualche elemento di questo ricco bestiario …

1. La riforma è avversata dai baroni
Falso. La riforma consegna l’università nelle mani dei professori ordinari, ed infatti è caldeggiata dagli stessi Rettori. I ricercatori invece verrebbero marginalizzati, messi ad esaurimento e, per effetto dei tagli del FFO e del blocco del turn-over, avrebbero scarse possibilità di progressione di carriera.
2. I ricercatori vogliono un’altra ope legis.
Falso: la maggior parte dei ricercatori desidera avere la possibilità di poter partecipare a concorsi puliti ed aperti a tutti. Nelle prime formulazioni della legge mancava totalmente un piano che permettesse di inquadrare – almeno in parte – i ricercatori come associati; con i successivi emendamenti, il Governo ha proposto una toppa peggiore del buco, nel tentativo di barattare il via libera alla legge in cambio di concorsi riservati, i quali però rischiavano di generare promozioni incontrollate.
3. I ricercatori pretendono di scioperare senza rinunciare allo stipendio.
Falso: I ricercatori non hanno l’obbligo di tenere corsi, attività che finora hanno svolto su base volontaria. Gli effetti combinati della riforma universitaria (marginalizzazione del ruolo del ricercatore) unitamente a quelli delle manovra finanziaria (taglio del FFO, blocco del turn-over, blocco degli scatti stipendiali) hanno fatto passare a molti ricercatori la voglia di fare volontariato.
4. Molte università hanno bilanci dissestati, e spendono più del 90% del finanziamento in stipendi.
A parte pochi casi, lo sforamento del tetto del 90% è determinato dalla costante diminuzione del finanziamento statale negli ultimi anni. Per fare dei numeri, la spesa per gli stipendi ammontava nel 2010 a 6,5 miliardi di euro mentre nel 2011, in conseguenza dei tagli, il finanziamento complessivo sarà di 5,97 miliardi di euro. Questo vuol dire che la maggior parte degli atenei non solo sforerebbe il tetto del 90%, ma verrebbero addirittura a mancare i soldi per pagare gli stipendi.
5. I professori hanno moltiplicato i corsi di laurea allo scopo di moltiplicare le cattedre; ci sono decine di corsi di laurea con un solo studente.
La leggenda dello studente unico è un paradosso dovuto al passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. I corsi con un solo studente sono solo quelli del vecchio ordinamento che, ormai disattivati, mutuano gli insegnamenti da altri corsi. Nessuno tiene aperto un corso di laurea per un solo studente per un motivo molto semplice: la legge non lo consente.
6. Gli atenei italiani hanno generato una messe di corsi di laurea assurdi che il Ministero vuole eliminare.
Per istituire un nuovo corso di laurea è (ed è sempre stata) necessaria l’autorizzazione del Ministero. Se esistono corsi assurdi, è anche responsabilità del ministero che li ha approvati.
7. Nell’università proliferano ricerche inutili ed autoreferenziali tipo “Performance atletica, stress e fatica nel Cavallo” o “Approccio multidisciplinare alla conservazione dell’Asino dell’Amiata”.
Questi sono effettivamente titoli di alcuni progetti di ricerca che la propaganda governativa ha additato come sprechi. In realtà si tratta di una mistificazione: questi progetti sono stati finanziati dal MIUR in seguito a procedura di valutazione effettuata da referee anonimi scelti da un panel di esperti di nominati dal Ministro Moratti. Quindi, anche se i titoli possono suonare stravaganti, si tratta di ricerche considerate valide da un gruppo esperti. Ma l’idea di ridicolizzare progetti di ricerca scientifici semplicemente ironizzando sui titoli non è originale: non è altro che una brutta copia di un format reso famoso da The Golden Fleece Award ideato più di 30 anni fa negli USA7, ed ancora oggi usato allo scopo di premere per una riduzione dei finanziamenti alla ricerca.
8. I piazzamenti dei nostri atenei nelle classifiche internazionali sono mediocri: la riforma Gelmini rilancerà l’università italiana.

Le classifiche sono un argomento delicato, e dipendono fortemente dai criteri usati per stilarle: per esempio secondo la classifica Academic Ranking of World Universities. 2010 stilata dall’università di Jiao Tong, tra le prime 150 top universities compaiono Milano, Pisa, Roma-La Sapienza, se ci allarghiamo alle prime 200 troviamo pure Padova; tuttavia in un’altra classifica famosa, la Times Higher Education (THE), nel 2010 non compare alcun ateneo italiano tra primi 200 posti. È invece interessante guardare l’evoluzione temporale dei piazzamenti; rimanendo ai dati di THE si scopre che i piazzamenti italiani sono i seguenti:
2007 : Bologna (173) e La Sapienza (183);
2008 : Bologna (192);
2009 : Bologna (174);
2010 : nessuna
Quindi, se dovessimo dare un giudizio sulla base di questa classifica, non sembra che la gestione dell’attuale Ministro abbia dato finora risultati molto positivi. Ma non cercate questa notizia sul Sole 24 Ore diretto da Gianni Riotta ;)
9. La riforma favorisce le giovani generazioni.Non siamo in grado di dire quali saranno gli effetti della riforma Gelmini (anche perché non è detto che vedrà mai la luce); però possiamo dire quel che è successo finora. In seguito ai tagli del governo gli atenei hanno cercato di eliminare le spese comprimibili, e chi ne ha fatto le spese sono stati coloro che non avevano un contratto a tempo indeterminato (tipicamente i più giovani). Anche il blocco degli scatti stipendiali punisce più duramente i giovani. Saranno tutte coincidenze?

Ci sono molte altre leggende in circolazione. Scovarle e’ utile, e talvolta anche divertente. Segnalate la vostra leggenda preferita aggiungendo un commento in coda a questo post!

Nota: questo articolo e’ la riedizione (con minime modifiche) di una sezione del “Kit del Giornalista” curato dal Coordinamento Ricercatori di Pisa.

venerdì 3 dicembre 2010

Paese senza ricerca, giovani senza futuro

FUORIPAGINA
03/12/2010

* | Rocco Di Michele


Dalla mobilitazione all'organizzazione e viceversa. Dalla protesta alla proposta, dallo sfascio funzionale alle privatizzazioni alla ricostruzione di una «funzione sociale» e consapevole della scienza. I ricercatori italiani muovono i primi passi nella costituzione di un comitato dal nome forse un po' lungo ma almeno indicativo: «Paese senza ricerca, giovani senza futuro». Del resto «ci rubate il futuro» è la frase che decine di migliaia di giovani e meno giovani ricercatori, studenti, docenti, vanno ripetendo in queste settimane dai tetti alle strade. Fin sotto Montecitorio ridotta a bunker sordo e cieco.
L'appello era partito nei giorni scorsi, condiviso da nomi noti della ricerca italiana (Margherita Hack, Alberto Di Fazio, Angelo Baracca, Ezio Amato, Luciano Vasapollo, ecc.) e ha prodotto una prima assemblea nella sala dedicata a Luigi Pintor, a Roma. L'analisi è ovviamente «scientifica» e tocca sia le motivazioni economiche che i rivestimenti idologici (il linguaggio tutto aziendale con cui ormai si tratta il sapere e la sua produzione-trasmissione: capitale umano, crediti, debiti, opportunità, ecc.), per arrivare a metodi e finalità della ricerca. Il taglio delle risorse è visto come lucida distruzione, sull'onda del «modello Alitalia» (prima si impoverisce un patrimonio pubblico per dimostrare che «il privato» è più efficiente, poi lo si privatizza tout court) o in generale dei servizi fondamentali. Il mantra dominante recita che bisogna «legare la ricerca alle imprese», fino a diventare senso comune. Ma è un ragionare molto concreto quello che porta questi ricercatori a sentenziare che «se 50 anni fa le università italiane fossero state settate sugli interessi dettati dalla Fiat, oggi non avremmo più molti atenei funzionanti».
Non è un problema solo italiano, comunque. Nel resto d'Europa, complici le politiche Ue, anche se gli investimenti pubblici in ricerca vanno aumentando – mentre qui da noi calano – la stragrande maggioranza (92%!) prende la strada degli istituti privati. Specie nel settore militare o del «controllo».
Si comprende dunque facilmente come la preoccupazione di elaborare una risposta si indirizzi verso «un sistema formativo funzionale a una società solidaristica che si preoccupa di far vivere bene i propri cittadini». Anche perché, paradossalmente, la ricerca riesce molto meglio – produce più risultati utili – quando chi la fa è libero da pressioni («svoltare l'anno», dicono qui, stretti come sono da «contratti precari» sempre sotto l'alea della proroga).

Al contrario, si vive in un ambiente dove le «intelligenze più creative» vengono indirizzate verso gli studi economici o di management, perché «se uno deve pensare al guadagno, fa l'idraulico, non il ricercatore». Ma non ci si ferma, qui, alla pura situazione lavorativa. E' molto più forte «la necessità di saldare l'esperienza sindacale nella ricerca con i movimenti in corso» (il primo legame organizzativo è venuto non a caso con il sindacato di base Usb), perché «è in momenti come questo che si crea una domanda di massa critica verso la realtà data». E si comincia a tracciare un percorso per cambiarla

giovedì 2 dicembre 2010

La riforma Gelmini e gli aiutini alle università telematiche, Cepu in primis: fondi dallo Stato, alle statali si taglia

La riforma Gelmini e gli aiutini alle università telematiche, Cepu in primis: fondi dallo Stato, alle statali si taglia


Università in crisi, studenti che protestano per i tagli, ricercatori non pagati. La situazione dell’istruzione italiana non è certamente una delle più eccelse in Europa. C’è però un fatto da notare: la riforma Gelmini, per la quale migliaia di studenti sono scesi in piazza nei giorni scorsi, non è vero che è a discapito di tutti. C’è qualcuno infatti che che ci guadagna: sono gli atenei “telematici”, le università che laureano a distanza, le quali potranno accedere alla quota di fondi destinati agli istituti non statali “in base al merito”. Non una distribuzione a pioggia, deciderà il ministero, sulla base delle indicazioni di “consulenti”. Walter Tocci dice anche che dal ministro Mariastella Gelmini starebbe arrivando un altro “regaluccio” a queste università, ben più grosso. Il deputato del Pd ha denunciato che nella bozza di decreto “per la programmazione” inviato dal ministro alla Conferenza dei rettori per il parere di rito c’è una norma che consente alle “telematiche” di trasformarsi su loro proposta in “normali” università non statali.

Tanto basta a Tocci per individuare il principale beneficiario di questa metamorfosi: “Il Cepu, che potrebbe entrare nel sistema universitario trasformando la sua telematica E-Campus in università non statale autorizzata a svolgere sia didattica a distanza sia quella tradizionale”. Una provocazione che il deputato del Pd, durante la discussione alla Camera, butta lì. Senza mancare di sottolineare “la comunanza di interessi e di sentimenti che intercorrono fra il presidente del Cepu e il presidente del Consiglio”.

Come spiega Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, risale alla memoria la visita di Silvio Berlusconi, lo scorso luglio, alla E-Campus di Novedrate, quando disse: “Dicono che sono circondato da veline, da belle senza cervello. Ecco, queste ragazze sono tutte belle, laureate con il massimo dei voti e non assomigliano certo a Rosy Bindi”. Soprattutto, però, viene in mente l’idea che Francesco Polidori ha presentato ad agosto a Berlusconi, quella di mettere a disposizione del premier la rete del Cepu per raccogliere consensi. Ecco che cosa ha detto lui stesso a Francesco Manacorda della Stampa: “Noi vendiamo formazione, dai corsi di recupero, all’inglese, all’università. Loro vendono politica. Ma in fondo il metodo non cambia e per me è un’occasione di business come le altre. Bisogna bussare a tutte le porte, ci vuole pressing e motivazione. Bisogna partire dalla sezione elettorale, ogni sezione in media 300 famiglie, e da lì scendere fino alla singola famiglia…”.

La sintonia di “Mister Cepu” con il Cavaliere è sempre stata forte fin dalla discesa in campo del 1994. Sua cugina Catia Polidori è stata messa in lista ed è diventata parlamentare del Popolo della libertà nel 2008. Salvo poi passare con i finiani di Futuro e libertà. C’è da dire che Tocci si è fermato al Cepu, ma avrebbe potuto continuare, tanti sono gli spunti offerti dalle società che sono nell’affare delle società telematiche e perciò destinatarie dei “regalucci”. L’università San Raffaele di Roma ne è un esempio. Azionista di controllo è il gruppo Tosinvest fondato dal re delle cliniche convenzionate con la sanità pubblica, Antonio Angelucci neodeputato del Pdl: partito che ha sostenuto e votato compatto la legge Gelmini. Poteva forse lui essere assalito da qualche dubbio? Diversamente da Catia Polidori, è anche rimasto fedele a Berlusconi, con il quale, peraltro, è pure socio in quell’ateneo. Perché l’8% appartiene a Fininvest servizi, e un altro 8% a Mediolanum comunicazione, controllata dalla holding che fa capo a Ennio Doris e al premier.

Non è un mistero che la nascita delle università telematiche, avvenuta al tempo di Letizia Moratti ministro dell’Istruzione abbia sempre suscitato molte perplessità anche fuori del mondo politico e della sinistra. Il Comitato per la valutazione del sistema universitario non ha mai nascosto la propria diffidenza. Basta dire che gli undici atenei telematici esistenti messi insieme, ovvero l’11,5% delle università italiane (95 in tutto) hanno appena sette professori ordinari. Sette su 18.861: uno di loro è il commissario dell’Alitalia Augusto Fantozzi, alla telematica Giustino Fortunato.

Come fanno allora a garantire le lezioni a distanza? Una domanda alla quale Rizzo risponde così: “Un caso per tutti: dalla banca dati del Comitato di valutazione si ricava che il corpo docente della Uninettuno è composto da 20 ricercatori a tempo determinato. Una categoria duramente colpita dall’ultima beffa dei politici. Perché mentre si apriva alle università telematiche lo spiraglio per accedere ai fondi pubblici, la Camera bocciava un emendamento proposto da Bruno Tabacci e Marco Calgaro che puntava a dirottare 20 milioni l’anno dall’esorbitante fondo per i rimborsi elettorali dei partiti agli stipendi dei ricercatori. Una folta pattuglia di «oppositori» rigorosamente bipartisan (Fli, Udc, Mpa e Pd) ha affondato il nuovo emendamento astenendosi o votando insieme al blocco, compattissimo, composto da Pdl e Lega. È stato il terzo salvataggio del finanziamento pubblico dei partiti nel giro di pochi mesi. Nella manovra di maggio il ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva tagliato del 50% i rimborsi elettorali. Quel taglio era stato prima ridotto al 20%, poi al 10%. Al Senato, durante la discussione della riforma dell’Università approvata dalla Camera, Francesco Rutelli era riuscito a far passare sotto il naso ai suoi colleghi una norma pressoché identica a quella proposta martedì, che destinava ai ricercatori il 20% dei soldi pubblici riservati ai partiti. Che però, alla Camera non si sono fatti cogliere di sorpresa e hanno provveduto a eliminare l’articolo dal testo”.

http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/universita-gelmini-cepu-tagli-riforma-663514/

Studenti di Bologna: non è che l'inizio!

Bologna, 30 novembre 2010


c'est n'est q'un debut


La mobilitazione continua: ora occupiamo le città fino al ritiro del ddl Gelmini e la caduta del governo Berlusconi. Saldare le lotte studentesche con le lotte sociali. La lotta continuerà nei prossimi giorni con modalità sempre più efficaci.
Oggi é stata una giornata memorabile: l'Italia é stata pervasa da centinaia di manifestazioni studentesche "mobili" che hanno invaso i centri delle città, le stazioni ferroviarie, le autostrade e alcuni luoghi simbolici del potere (da Milano a Bologna, da Firenze a Roma a Napoli).
Contrastare e bloccare il ddl Gelmini significa inceppare e ribaltare il meccanismo attraverso il quale il potere cerca di imporre la subordinazione del sapere, dell'istruzione, della formazione e della cultura, alla subcultura ignorante e populista dell'attuale sistema di potere rappresentato dal governo autoritario con connotazioni subdole e idiote del governo Berlusconi. Respingere la controriforma dell'università significa anche dare un colpo definitivo a Berlusconi e al berlusconismo imperante.
Berlusconi e il berlusconismo sono sinonimo di superficialità, di ignoranza, di subcultura, di esaltazione dell'apparenza rispetto all'essere e di violenza verbale che copre l'ignoranza e l'assenza del sapere (vedi i ripetitivi, volgari, aggressivi e imbecilli interventi dei servi sciocchi di Berlusconi, Santanché, La Russa, Storace e altri reduci dalle fogne, con i quali evidentemente con il 25 aprile del 1945 non si sono fatti i conti a sufficienza).
La pesante e brutale repressione delle forze di polizia del sistema non ha bloccato, né tanto meno impaurito le migliaia di studenti scesi in piazza.
Ora occorre proseguire la mobilitazione, anche perché la controriforma non é ancora approvata definitivamente, dovendo passare ancora al Senato. Bisogna cercare di rendere stabili e più efficienti le strutture organizzative che ci si é dati in questi giorni. Bisogna costruire rapporti con gli operai, i tecnici e i lavoratori pubblici in lotta contro la precarietà e per il rilancio delle rivendicazioni salariali.
Saldare le lotte sociali e le lotte degli studenti per abbattere Berlusconi e la sua cricca per realizzare nuovi rapporti di forza. Il governo Berlusconi é il governo del malaffare, della corruzione, della menzogna, della manipolazione e del degrado sociale. La sua pericolosità é direttamente proporzionale alla sua incapacità e alla sua debolezza. Il governo Berlusconi ha caratteristiche peggiori del governo del ventennio fascista. Berlusconi viola costantemente la stessa Costituzione borghese. Il governo Berlusconi é il governo della difesa degli interessi personali dello stesso. Berlusconi é entrato in politica per evitare la galera. Decine sono stati i processi a suo carico e decine sono state le leggi che il suo governo ha realizzato per impedire che fosse inquisito, condannato ed eventualmente arrestato.
Una parola a parte merita la falsa e "sedicente" "opposizione" istituzionale (PD in testa, ma anche Italia dei Valori, per non parlare dell'assenza della così detta Federazione della Sinistra).
L'opposizione del PD é inefficace, tutta dentro i meccanismi parlamentaristici e sostanzialmente inesistente. Siamo l'unico paese al mondo in cui a fronte della crisi di un governo inetto, antipopolare e repressivo, l'opposizione parlamentare non solo non incalza e non usufruisce della vantaggiosa situazione oggettiva, ma perde colpi e subisce la controffensiva mediocre, manipolatoria di Berlusconi e dei suoi "dipendenti" del governo. L'opposizione non ricerca e non vuole una saldatura con le lotte degli studenti e dei lavoratori, Non é un caso che anziché appoggiare e partecipare alla manifestazione della FIOM del 16 ottobre contro la politica economica di Marchionne, della Confindustria e del governo ha appoggiato una manifestazione insignificante burocratica e sostanzialmente inutile della CGIL.
Anziché raccogliere la parola d'ordine della FIOM dello sciopero generale, PD e CGIL fingono di dimenticarsene e continuano di fatto ad allontanare la caduta del governo più infame del dopoguerra.
Mentre nelle piazze di tutta Italia gli studenti, i ricercatori e settori di avanguardia della società si scontrano con la polizia di Berlusconi, Maroni, Fini ecc...;Bersani e il PD, in Parlamento, legittimavano di fatto questo governo che sta affossando la scuola pubblica, accettando il gioco degli emendamenti al ddl, come se la controriforma Gelmini fosse modificabile.
Ma per confermare l'inesistenza e la pochezza intellettuale e politica del PD di Bersani bisogna ricordare che quest'ultimo dichiarava che si rendeva necessaria un'indagine per verificare se fra i manifestanti ci fossero degli "infiltrati". Gli unici "infiltrati" che tendono a strumentalizzare la lotta degli studenti e dei lavoratori sono proprio il PD di Bersani e la Sel di Vendola e quant'altri tentano di strumentalizzare a fini elettoralistici la lotta degli studenti.

Operai studenti uniti nella lotta!

Via lo pseudo ministro Gelmini e il governo della cricca di Berlusconi.

Smascherare anche la falsa opposizione del PD, della SEL e altri.

Costruire lo sciopero generale e generalizzato entro la fine dell'anno.

Il governo Berlusconi deve essere cacciato sull'onda delle lotte di massa e non solo per meccanismi parlamentaristici.


C'est n'est qu'un debut continuons le combat

Collettivo studenti SU LA TESTA

SU LA TESTA l'altra Lombardia


laltralombardia@laltralombardia.it

"Senza cultura in Italia non rimane nulla"

http://www.facebook.com/home.php?#!/video/video.php?v=10150341082935006&oid=135477526306&comments
Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. (E. Berlinguer)

Riforma Gelmini: intervista al matematico italiano Claudio Procesi, considerato uno dei maggiori esperti mondiali di algebra.

L'intervista: «Italia cameriera d'Europa»

Il matematico italiano Procesi commenta la riforma Gelmini.


di Denise Faticante

Il matematico italiano Claudio Procesi, considerato uno dei maggiori esperti mondiali di algebra.

«Una riforma che non dà speranza, che relega l'Italia al ruolo di cameriere d'Europa e che fa parte di un modo di fare politica da stadio». Parole pesanti indirizzate all'ultima rivoluzione dell'università voluta dal ministro Gelmini. Quello che impressiona è che a pronunciarle non sono i ragazzi dell'Onda, né i ricercatori che sono saliti sui tetti, ma un matematico tra i maggiori esperti mondiali di algebra.
Claudio Procesi, classe '41, insegna come ordinario alla Sapienza. Prima di approdare a Roma ha lavorato e fatto ricerca all'università di Chicago e alla Normale di Parigi. Ora è anche membro dell'Accademia dei Lincei.
Esperienze e attestati che potrebbero garantirgli tranquillità e benessere. Invece no. Il professor Procesi in questi giorni, come negli ultimi anni, è stato in prima linea per evitare che «l'università italiana continuasse ad andare alla deriva». Ha creato un blog aperto alla discussione sul mondo accademico. Ha cercato, con altri colleghi, un contatto con la Gelmini. Dopo tanti mesi è riuscito per vie traverse ad avere un appuntamento con lei, ma quando si è presentato lì il ministro gli ha dato buca.

Tantissime le proteste e le manifestazioni, da Nord a Sud.

Domanda. Professor Procesi, cosa avrebbe voluto dire al ministro Gelmini?
Risposta. Sicuramente la mia intenzione era quella di aver un confronto. Non è stato possibile. Devo anche dire che quando era ministro Fabio Mussi, la situazione non era molto diversa. Per la politica l'università, il mondo della ricerca e la scienza sono trasparenti. Noi non esistiamo per loro, siamo dei fantasmi. E siccome non ci considerano, non possono certo fare il nostro bene.
D. Parole e gesti che non hanno sortito effetto. La riforma ora è legge.
R. Il fatto che sia diventata legge non mi esime dall'esprimere giudizi, però.
D. Bene, allora iniziamo.
R. Ci troviamo di fronte a un pasticcio, a una legge fatta con molti annunci e poca sostanza. Più potere ai rettori, la meritocrazia, l'idoneità nazionale, l'agenzia di valutazione. Non vede che sono tutti slogan? Che significato hanno? Sono spot politici vuoti, senza una vera idea di fondo ma soprattutto senza copertura finanziaria. Cosa me ne faccio io del listone nazionale se poi non ho i soldi per la mia ricerca? Tutto è campato in aria.
D. Qualcuno dice che questa riforma accontenta solo i baroni. É così?
R. Ma chi sono i baroni? Sono dentro l'università dagli anni Sessanta e ho visto sfilare davanti a me diverse figure di barone. Esiste quello pre-sessantottino, autoritario, burbero che rappresentava un'effettiva linea culturale. I nuovi baroni sono quelli che intrallazzano con la politica. E mi permetta di dire una cosa pesante.
D. Prego
R. Sono quelli che intrallazzano con la politica e che poi alla fine sono quelli che diventano rettori.
D. Frati (Rettore della Sapienza ndr) non sarà molto contento di queste parole.
R. Non mi faccia esporre più del dovuto. Nella mia carriera ho conosciuto solo un grande rettore che poi è stato anche un grande ministro della Pubblica Istruzione. Era Antonio Ruberti. É stato il primo e l'ultimo a mettere davvero mano sulla questione del precariato eliminando la figura degli assistenti e prevedendo per loro un nuovo iter per inquadrarli. Dopo quello il buio, il nulla. E comunque queste nuove norme non aiutano nessuno, neanche i rettori.
D. Eppure la figura del rettore ne esce fortificata.
R. Certo, ma mi dica come faranno i rettori a gestire un'università come la vuole la Gelmini? Gli atenei saranno in continuo subbuglio. Gli studenti saranno perennemente arrabbiati e i ricercatori, demotivati, smetteranno anche di supplire alle carenze dell'università.
D. Infatti i ricercatori sono le vere vittime della riforma.
R. I ricercatori sono nostri colleghi, il vero futuro degli atenei. Le nuove regole prevedono che ogni otto anni le università prenderanno i ricercatori per poi rottamarli a fine corsa. Che prospettive ci sono dunque? É ovvio che, come minino, salgono sui tetti.
D. A proposito di tetti, lei cosa ha fatto in questi giorni di contestazione? E cosa risponde a chi demonizza il movimento accusandolo di “sinistrismo”?
R. Si tratta di un'accusa infondata e di una forzatura. Rispetto alle contestazione del 68, per esempio, i gruppi che oggi contestano sono meno corporativi. Ma chi non vede futuro cosa deve fare? In questi giorni sono stato in contatto telefonico con i ricercatori di Architettura saliti sui tetti. Io poi ho quasi settanta anni, dove vuole che vada.
D. Inesperienza, inefficienza, dilettantismo, mancanza di visione politica o determinazione a demolire la scuola pubblica? Cosa vede lei dietro questa riforma?
R. La mia visione non è chiara e netta. Secondo me questa nuova legge rispecchia solo la tendenza, anzi la deriva che sta prendendo l'Italia. Il Paese non produce più nulla. Non facciamo ricerca, non costruiamo più niente, spingiamo all'estero i nostri ragazzi, dislochiamo le fabbriche. Siamo destinati solo a diventare i camerieri d'Europa. Questo è il nostro triste destino. E credo che questa riforma vada esattamente in questa direzione. C'è una classe politica disinteressata al futuro. E questi sono i risultati.

Giovedì, 02 Dicembre 2010

Gli studenti dell'Università di Brera: guardate il video!

Gli studenti dell'Università di Brera chiedono l'elemosina per l'università:

http://www.youtube.com/watch?v=s-R7rylNdi8&feature=player_embedded

Le minacce del Ministro

Le false minacce del Ministro

Assediato dalle proteste di studenti, precari e ricercatori contro il DdL, oramai privo di argomentazioni credibili, isolato dal fallimentare esito della raccolta di firme di professori ordinari (spesso pensionati!) in suo sostegno e svergognato dalla partecipazione a trasmissioni radiofoniche che evidenziano la totale ignoranza dei contenuti del DdL che porta il suo nome, il ministro Gelmini passa ora direttamente ai ricatti. In una quanto meno irrituale nota del MIUR si paventano, in caso di mancata approvazione del DdL, presunti blocchi dei concorsi. A dire del ministro i concorsi da professore sarebbero bloccati dalla mancata emanazione dei decreti attuativi della legge Moratti e quelli da ricercatore a causa della scadenza dei regolamenti concorsuali il prossimo 31 dicembre.

Questo è assurdo. Il compito di emanare i decreti attuativi, tanto della legge Moratti quanto eventualmente della riforma impostale da Tremonti, spetta infatti proprio al ministro Gelmini. Cosa intende dire il Ministro? Che se il DdL non viene approvato terrà bloccati i concorsi per punire il mondo universitario? Martedì 30 Novembre 2010 a Roma e in tutte le principali città italiane il Governo ha imposto a manifestanti e cittadini una militarizzazione dello spazio pubblico senza precedenti, oggi il Ministro tenta di zittire il dissenso espresso democraticamente da studenti, ricercatori e precari attraverso vere e proprie minacce.

E cosa dire poi del presunto blocco dei concorsi da ricercatore? Premesso che in caso di approvazione del DdL sarebbero definitivamente aboliti per cui non si capisce come mai qualcuno dovrebbe temere il loro blocco, rammentiamo che la scadenza del 31 dicembre 2010 si riferisce alle sole norme di composizione delle commissioni e che secondo l'interpretazione più diffusa questo porterebbe semplicemente al ritorno alle norme precedenti. Ma anche qualora sia giuridicamente fondata l'ipotesi di un blocco, per quale ragione il termine di scadenza non potrebbe essere posticipato attraverso il tradizionale milleproroghe di fine anno, come già fatto anche nel 2009? Cosa è? Un'altra minaccia?

Sappia, il ministro Gelmini, che non saranno queste intimidazioni, né le continue violazioni dei più basilari principi della democrazia a fermare la nostra mobilitazione ferma, pacifica e determinata contro un DdL che disegna un futuro di precarietà per noi e per le generazioni future e cancella definitivamente la democrazia negli atenei e il diritto allo studio in questo paese. In un'università in cui lavorano circa 60000 precari e dalla quale escono per pensionamento quasi 2000 docenti all'anno, la cancellazione delle poche decine di contratti a tempo determinato consentiti ogni anno dal DdL e dalla manovra economica di luglio non è certo una minaccia che possa fermare la nostra protesta.

Coordinamento dei Precari della ricerca e della docenza - Università (CPU)
http://coordinamentoprecariuniversita.wordpress.com/

2 Dicembre 2010

lunedì 29 novembre 2010

Saviano e la protesta degli studenti

http://www.youtube.com/watch?v=S3jclD2G05E

Elenco dei pensieri di una ricercatrice sul tetto dell'Università di Roma

Elenco dei pensieri di una ricercatrice sul tetto dell'Università di Roma
(legge Francesca Coin, uno dei ricercatori che manifestano contro la riforma dell’Università)

1. Almeno da quassù riesco a vedere l'orizzonte
2. Ci hanno detto che difendiamo i baroni. Ma qui sul tetto non se ne vede uno
3. Dopo dieci anni che faccio ricerca, devo ancora spiegare a tutti a cosa serve il mio lavoro
4. Dicono che i concorsi sono truccati. Per capire se è vero, mi piacerebbe poterne fare almeno uno
5. L'Università di Stato deve dimagrire, così può ingrassare l'Università privata
6. Gli scippi mi hanno sempre fatto paura. Ma non sapevo che si potessero scippare anche le Borse di studio
7. Sui tetti si sogna. Si sogna un'università pubblica, libera e aperta
8. Sono stanca di sentirmi dire che sono troppo giovane, che sono troppo vecchia, che ho pubblicato poco, che ho pubblicato troppo, che sono troppo autonoma, che sono troppo dipendente, che sono stata troppo all'estero, che non ci sono stata abbastanza.
9. Forse vado via da questo paese. Perché non posso più sentirmi inutile dopo tanti anni di ricerca
10. Forse rimango qui. Perché se se ne vanno i ricercatori, portano via il futuro. E senza futuro, il mio paese muore

ricevimento 1 dicemvre 2010

La Dott. Mancini riceve il 1 dicembre alle 9,30 nel suo ufficio.

domenica 28 novembre 2010

Rita Levi Montalcini "Non affondate la ricerca"

Il premio Nobel contro i tagli alla Finanziaria
"La scienza italiana è in pericolo, ecco i responsabili"

L'appello di Levi Montalcini
"Non affondate la ricerca"


di RITA LEVI MONTALCINI
LA SCIENZA nel nostro Paese è in pericolo. Lo sanno bene i 4.500 ricercatori che hanno firmato un appello a non tagliare i fondi in Finanziaria per evitare la fuga dei cervelli. Contemporaneamente sono apparsi sulla stampa diversi attacchi al Consiglio Nazionale delle Ricerche, accompagnati in qualche caso da proposte di radicale trasformazione dell'Ente o addirittura della sua abolizione. Sin dall'inizio degli anni 1970 ho diretto il Laboratorio di Biologia Cellulare del Cnr e anche successivamente in qualità di ospite ho continuato e continuo a svolgere attività di ricerca e sono indignata da questa campagna denigratoria e distruttiva. Pur riconoscendo nell'Ente difetti e carenze funzionali: lentezza e macchinosità delle procedure, elefantiasi della burocrazia, dispersione degli interventi, alta età media dei ricercatori ed altre ancora, non si deve dimenticare che il Cnr ha degli eccezionali meriti per il ruolo che ha svolto nello sviluppo della cultura in Italia.

Due grandi scienziati, Vito Volterra e Guglielmo Marconi hanno presieduto il Cnr dalla sua fondazione, dal 1923 al 1937. Discipline quali la chimica macromolecolare, l'astrofisica, l'informatica, la genetica e biologia molecolari, le neuroscienze, sono state promosse dal Cnr attraverso la creazione dei suoi organi di ricerca in una situazione di quasi totale vuoto nel mondo accademico, grazie alla dedizione di eccellenti scienziati: Natta, Occhialini, Faedo, BuzzatiTraverso, Moruzzi, Erspamer, ecc. Se oggi l'Italia non è assente su scala internazionale in questi settori (anzi, in qualche caso mantiene posizioni di eccellenza) lo deve al perseguimento delle ricerche in quelle discipline.

Indubbiamente, negli ultimi decenni, l'immagine dell'Ente si è appannata a causa dell'ingerenza degli accademici, da una pressione sindacale tendenzialmente antimeritocratica, e da un ulteriore aggravamento burocratico che ha ignorato le finalità scientifiche che sono proprie del Cnr. Il potere politico negli anni scorsi ha infine reagito a questa deriva e ha decretato nel 1999 una radicale riforma della riorganizzazione all'interno del Cnr. Si è pervenuti con tale riforma alla creazione di un meccanismo di valutazione esterna continua e imparziale della validità dell'operato dell'Ente e ad una radicale riorganizzazione della rete scientifica che concentra in circa un centinaio di grandi Istituti le attività prima disperse in oltre trecento strutture di ricerca spezzettati in molti casi in strutture di piccolissime dimensioni.

Ai nuovi Istituti è conferita una grande autonomia scientifica e gestionale (con conseguente forte riduzione della burocrazia centrale) tale da renderli indipendenti da pressioni o esigenze estrinseche alla logica della ricerca scientifica. Completato il quadro di ristrutturazione della rete scientifica, sono stati nominati i primi direttori dei nuovi Istituti. Il presidente Lucio Bianco sta conducendo questa titanica opera di riorganizzazione del Cnr con perizia e dedizione, dibattendosi nelle difficoltà derivanti da resistenze interne ed esterne e dalle ristrettezze finanziarie, dato che i successivi Governi negli ultimi anni hanno tutti lesinato all'Ente le risorse indispensabili anche al metabolismo di base, figuriamoci poi alla realizzazione di un'ambiziosa riforma. Negli ultimi cinque anni l'Ente ha subito un costante calo delle risorse finanziarie del ben trenta per cento!

Desidero esprimere al presidente Bianco tutta la mia stima e l'apprezzamento per l'opera svolta, stima e apprezzamento che rivolgo anche a tutti quei ricercatori dell'Ente che continuano a svolgere la loro attività di ricerca con passione e competenza, date le condizioni di ristrettezza di risorse e di scarsa considerazione pubblica nelle quali sono costretti ad operare. Mi auguro che gli attacchi indiscriminati al Cnr da parte degli accademici o quelli che giungono da altre direzioni, vengano a cessare in quanto possono provocare la distruzione dell'Ente con gravissimo e irreparabile danno per la cultura scientifica del paese. Desidero fare appello al mondo politico perché prenda coscienza dello straordinario patrimonio culturale e tecnologico che rappresenta il Cnr.

Una eventuale "ventilata" trasformazione dell'Ente in una società per azioni o in altro significherebbe provocare irresponsabilmente l'eliminazione del più importante Ente di ricerca italiano perseguendo modelli inesistenti in alcun paese al mondo, a cominciare da quelli scientificamente più progrediti. E' compito del potere politico, assicurare il progresso culturale, tecnologico e produttivo del paese: deve quindi sostenere il Cnr a completare la sua riforma fornendogli le risorse necessarie.

Un primo intervento dovrebbe consistere nell'eliminazione del blocco delle assunzioni di ricercatori previsto dalla Finanziaria, un provvedimento che è in assoluto contrasto colla proclamata volontà di accrescere il valore della ricerca italiana e che non comporta alcun risparmio in quanto le assunzioni del personale Cnr avvengono comunque all'interno del suo bilancio. E' imperativo che l'Italia si collochi, a livello internazionale, in una posizione più adeguata al capitale umano e alle risorse delle quali dispone. Un'eliminazione dell'Ente porterebbe ad un umiliante e ulteriore degrado scientifico del paese, in quanto ne provocherebbe l'uscita dalla competizione scientifica a livello internazionale.

(11 dicembre 2001)

venerdì 26 novembre 2010

Finalmente gli studenti si fanno sentire...

''Finalmente si fanno sentire''.



Questo, ai microfoni di CNRmedia, il primo commento dell'astrofisica Margherita Hack sulle proteste studentesche contro la riforma Gelmini.



''Una rivolta di tutto il mondo studentesco, dei docenti, dei ricercatori, era necessaria -continua Margherita Hack- si sta distruggendo un bene fondamenalte per il futuro del paese. Solo un governo di ignoranti puo' pretendere di agire in qusto modo. Gli studenti non manifestano a favore dei baroni, come dice la Gelmini, ma a favore di se stessi, dell'universita'''. E aggiunge: ''L'universita' non e' un covo di gente messa in cattedra per favoritismi. Certo, ci sono episodi di questo tipo, ma sono episodi. In cattedra c'e' molta gente valida. E lo prova il fatto che quando i nostri giovani emigrano, all'estero fanno fortuna e si trovano bene. Il che dimostra che la preparazione delle nostre universita' e' buona''.



''Di questa riforma - continua la Hack - mi preoccupa enormemente il fatto che si voglia fare dei ricercatori dei precari a vita. Gia' son pagati male, se poi gli tolgono il contratto indeterminato e' la fine. Grave poi il fatto di voler burocratizzare i ricercatori, di mettere i privati nei consigli di amministrazione. L'universita' si deve occupare di ricerca pura. Non si deve trattare come un'azienda. Come diceva Calamandrei, e' un ente costituzionale e come tale va trattato. Agli studenti voglio dire: andate avanti''.



http://www.asca.it/news-UNIVERSITA___MARGHERITA_HACK__FINALMENTE_STUDENTI_SI_FANNO_SENTIRE-969927-POL-1.html

L’Università fatta a pezzi.

L’Università fatta a pezzi.

di Giorgio Lo Feudo



Tutto è iniziato da quando, dopo tangentopoli, si è insediato un po’ ovunque il maledetto virus dell’aziendalismo. Grazie all’incapacità culturale di alcuni neo-politici, sedicenti statisti, si è sparsa in Italia la pericolosa filosofia del fare, la quale, anziché contrapporsi al vacuo e improduttivo dire, ha mortificato e quasi del tutto eliminato la facoltà di pensare. Fare, senza riflettere e senza chiedersi nulla sul dopo. Il ministro Gelmini ha sposato in pieno tale orientamento e la società tutta, ne pagherà le conseguenze. Entriamo nel merito. Il Senato accademico, organo che oggi coordina le attività didattiche, con il ddl Gelmini assumerà funzioni meramente consultive. Quasi tutti i suoi obblighi ricadranno sul Consiglio di amministrazione, il quale, ovviamente, li gestirà non più con occhio accademico ma con sguardo imprenditoriale. Le Facoltà verranno pian piano soppresse e sostituite da macro-dipartimenti che, guidati da un gruppo di ordinari, svolgeranno i compiti che oggi, in maniera pluralista e democratica, le stesse disimpegnano egregiamente. Gli studenti, i pochissimi che otterranno finanziamenti, alla fine dei corsi li dovranno restituire. Gli aspiranti professori, dovranno conseguire un’abilitazione nazionale, scandalosamente a termine, e poi sperare che le Università li immettano velocemente in ruolo. Infine, i ricercatori anziani; essi restano al palo, con un enorme peso didattico sulle spalle. Messi “ad esaurimento”, rischiano di divenirlo sul serio. Cosa resta da fare? Con la politica più nulla. Semmai con la magistratura. Bisognerà attrezzarsi a dovere e, a legge purtroppo approvata, promuovere ricorsi, class action e quant’altro possa consentire ai giudici, per fortuna autonomi e imparziali, di porre rimedio alle iniquità ed alle illegittimità, anche costituzionali, che il DDL Gelmini contiene.

giovedì 25 novembre 2010

Orgoglio senza pregiudizio

Sono ORGOGLIOSA degli studenti italiani che ho visto in tivù e di cui ho letto sui giornali!!!!! Mi ridate la speranza e il desiderio di lavorare per voi......

mercoledì 24 novembre 2010

Urgente: Petizione del Coordinamento Nazionale Associati e della Rete29Aprile

Il Coordinamento Nazionale dei Professori Associati (CoNPAss) e la Rete29Aprile hanno appena diffuso una Petizione/Lettera aperta a Rettori, Presidi, Direttori di Dipartimento e Presidenti CCS delle università italiane (disponibile, tra l'altro, su http://petizioni.conpass.it), in cui si chiede loro di:
*prendere una chiara ed esplicita posizione CONTRO l'approvazione del ddl
Gelmini*
*e*
*minacciare (e poi, eventualmente, mettere in atto) le dimissioni dalle loro
cariche in caso di approvazione del ddl.*

In assenza di risposte, si prevedono *
ADEGUATE E CONSEGUENTI INIZIATIVE DI DISSENSO E OPPOSIZIONE,*consistenti tra
le altre:
(*) nell'astensione a tempo indeterminato da tutte le attività didattiche
non obbligatorie;
(*) nella presentazione di mozioni di sfiducia nei confronti delle cariche
di governo dell'ateneo che con il loro comportamento (attivo od omissivo)
avranno avallato l'approvazione del ddl;
(*) in azioni concertate e collettive di non collaborazione negli organi
collegiali, compresa reiterata verifica dell'esistenza del numero legale e
dei quorum di deliberazione, fino all?extrema ratio dell?ostruzionismo e
dell?eventuale astensione dalla partecipazione ai consigli.

Vi invitiamo a prendere visione della petizione disponibile, tra gli altri,
all'indirizzo http://petizioni.conpass.it e, se la condividete, a
sottoscriverla il più rapidamente possibile.
Non c'è più molto tempo prima della definitiva approvazione del ddl (pare
sia calendarizzato l'ultimo passaggio in Senato per il 9 dicembre), quindi
sarebbe necessario diffondere il più possibile la petizione nei
dipartimenti, tra i colleghi di tutte le facoltà, chiedendo a tutti di fare
il massimo sforzo per dare la massima diffusione alla petizione nel più
breve tempo possibile.

*Inoltre,* coloro che gestiscono un sito o anche una semplice pagina web,
possono incorporare il codice qui appresso in una pagina, vedendo in tal
modo comparire il testo della petizione e il modulo per sottoscriverla.


https://spreadsheets.google.com/embeddedform?formkey=dDV1eXdXR0g2UjUyTExVOWUtX253UVE6MQ"
width="760" height="694" frameborder="0" marginheight="0"
marginwidth="0"

Il tempo è scarso e le firme devono essere tante!

La risposta del senatore Valditara alla lettera aperta del ricercatore Guido Mula

La risposta del senatore Valditara alla lettera aperta del ricercatore Guido Mula

Cari amici e colleghi, nei mesi scorsi ho incontrato diversi esponenti del mondo universitario e ho ascoltato le loro osservazioni. Grazie a questo dialogo, che ho sempre considerato importante, siamo riusciti a migliorare molti punti rispetto al testo originario del ddl. E’ scomparsa fra l’altro quella ingiustificata e iniqua discriminazione che avrebbe penalizzato per l’avvenire la posizione dei ricercatori a tempo indeterminato rispetto ai nuovi ricercatori a contratto proprio sul delicato versante del passaggio al ruolo di associato.

La legge che il Parlamento si appresta ad approvare non è certo una riforma epocale, ma contiene novità importanti. Voi sapete che su alcuni punti le nostre posizioni sono differenti. Su una questione siamo tuttavia senz’altro d’accordo: la necessità di dare prospettive concrete di carriera a tutti coloro, e sono la maggioranza dei nostri studiosi, che fanno buona ricerca. La riforma avrebbe dovuto essere accompagnata da un significativo stanziamento di risorse, e dalla eliminazione del blocco del turn over per le università virtuose.

Noi di Fli ci siamo battuti, e ancora oggi in una riunione a tratti molto tesa con i rappresentanti del Governo, per garantire: una ricostituzione dell’Ffo (Fondo di finanziamento ordinario) drammaticamente tagliato per il 2011; un numero di posti adeguato per coloro che conseguiranno l’abilitazione a professore associato (1.500 posti l’anno); il ripristino degli scatti meritocratici di stipendio, il cui taglio, se confermato, penalizzerebbe in modo devastante la posizione economica dei giovani ricercatori, dei giovani associati e dei giovani ordinari: 500 euro lordi in meno al mese. Queste nostre richieste, al cui accoglimento abbiamo condizionato il via libera alla riforma, sono state in buona parte accolte. Manca tuttavia l’idea di fondo e più importante: la considerazione della centralità della ricerca e dell’istruzione. Siamo di fronte ad un Governo che non fatica a trovare le risorse per pagare le multe sulle quote latte, ma che snobba le richieste di maggiori investimenti per due settori strategici per lo sviluppo del Paese; un Governo che accetta misure che sono il minimo indispensabile per garantire l’ordinato svolgimento delle attività accademiche solo sotto la minaccia di affossare la più importante riforma di questa legislatura. Manca insomma la consapevolezza che la competitività dell’Italia passa innanzitutto dalla qualità della nostra ricerca. E’ partendo da queste premesse che il vostro ed il nostro impegno possono trovare una saldatura nel prossimo futuro.

sen. Giuseppe Valditara,
vicecapogruppo Fli

lunedì 22 novembre 2010

Atenei, la riforma bluff arriva in Aula priva di tutto

Atenei, la riforma bluff arriva in Aula priva di tutto
di Maristella Iervasi

Non c'è un euro in più per l'Università. Non ci sono i soldi per assumere i 9 mila professori associati in sei anni, la cosidetta norma salva riceratori. E' sparito l'importo minimo di 20mila euro per gli assegni di ricerca, unica fonte di sostentamento per molti precari. Ed è stato tolto anche il fondo per il merito accademico che prevedeva la valorizzazione economica dei dipendenti (docenti e ricercatori) migliori. La legge Gelmini di riforma degli Atenei italiani è stata svuotata di tutto: dal provvedimento sono state eliminate tutte le norme che comportano una spesa. L'ordine di Tremonti è stato ascoltato alla lettera. Ma la ministra 'unica' dell'Istruzione, come al solito, è soddisfatta, perchè la maggioranza ha fatto quadrato e ha licenziato il provvedimento per l'Aula. Ma il testo -che approda domani - è uscito dalla commissione Cultura di Montecitorio 'sterelizzato' di tutto le voci di spesa. Insorgono le opposizioni, Pd in testa. E anche i finiani annunciano battaglia, perchè l''intoppo' non è mica solo finanziario. Aveva proprio ragione Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, nel gridare ai quattro venti il rischio del commissariamento degli Atenei. E così è.

COMMISSARIATA LA GELMINI
Ai fininani non piace proprio l'aggiuta fatta all'art.25 del ddl che, di fatto si traduce in un commissariamento dell'Istruzione da parte di quello dell'Economia. «Il ministro dell'Università, secondo una delle vergognose modifiche introdotte - spiega Pantaleo -, provvede al monitoraggio degli atenei e riferisce al ministro dell'Economia il quale interviene 'con proprio decreto' per modificare gli stanziamenti in bilancio a favore dell'università». Scalpitano i fininiani: 'Senza i nostri voti - sottolinea Fabio Granata - la riforma non passa. Ci sono da risolvere nodi politici ed economici'. Una dichiarazione che suona come un ultimatum: 'Senza copertura - sottolinea Granata - proporemo di rimandare il voto sulla riforma a dopo il 10 dicembre".

La relatrice Paola Frassinetti (Pdl) auspica che le risorse mancanti si trovino. 'I punti di forza sono rimasti tutti" - sottolinea. Ed eccola l'ossatura del (vero) provvedimento Gelmini: governance, fondo per il merito, accreditamento degli atenei, abilitazione nazionale.. Sulle risorse in Finanziaria conta assai poco il Pd.

LA QUESTIONE DEI RICERCATORI
L'emendamento proposto dalla relatrice prevedeva che in sei anni 9 mila ricercatori potessero diventare associati; secondo quanto previsto nella legge di stabilità ne verrebbero 'sistemati' 1.500 l'anno, che in tre anni fa la metà di quanto previsto.

"NON C'E' UN EURO"
Manuela Ghizzoni, Pd: "Per l'università non c'è un euro in più. Ci sono piuttosto 276 milioni di euro in meno rispetto a quest'anno. Ne mancavano 1.076, ne vengono restituiti solo 800 e il conto e presto fatto. Per il prossimo anno, inoltre - sottolinea la parlamentare democratica - ne sono previsti 500. Senso di responsabilità imporrebbe un rinvio della discussione in aula e un dialogo con le opposizioni e con chi sta protestando".

PROTESTA E APPELLI
Mentre la Confindustria insiste nel chiedere al governo l'"approvazione veloce della riforma", si mobilita tutto il settore della Conoscenza contro la legge Gelmini. Docenti e ricercatori (Rete29aprile, Conpass) insieme alle associazioni studentesche (Udu e link) hanno lanciato un appello all'opposizione: "Se si arriva al voto in aula e non vi sono speranze di voti contrari, siate onorevoli, non restate lì: uscite dal luogo in cui si sta compiendo questo delitto. Non legittimate con la vostra presenza il definitivo affossamento dell'università pubblica. Scendete in piazza, noi saremo lì".

BLOCCO DELLE LEZIONI
"Ecco l'esemplificazione del grande bluff" - dice Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil. "La maggioranza ammette che nella Finanziaria non ci sono le risorse per sostenere anche quelle migliorie minime introdotte in commissione Cultura e pur di andare avanti le abroga tutte. In particolare si colpiscono ancora una volta i giovani ricercatori, i precari e gli studenti. Scompare infatti il ripristino degli scatti di anzianità. Si cancellano dai livelli essenziali delle prestazioni che lo stato deve garantire per il diritto allo studio i seguenti riferimenti: borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi. si elimina l'aumento per gli assegni di ricerca si cancella la norma che prometteva ai ricercatori la possibilità di diventare associati». «Tutta l'università deve ribellarsi a questo scempio - conclude Pantaleo -. Mercoledì davanti a Montecitorio si svolgerà una grande manifestazione, ma da subito chiediamo che si blocchino tutte le lezioni e si denunci al paese questa vergogna».

domenica 21 novembre 2010

CATTIVE NOTIZIE: Il DDL Gelmini è peggiorato!

CATTIVE NOTIZIE: Il DDL Gelmini è peggiorato!

Cattive notizie!

La Gelmini ha disatteso gli impegni presi in pubblico ed è ha eliminato perfino alcuni miglioramenti che erano stati introdotti dalla commissione Cultura.

Le esigenze della propaganda per il ministro vengono prima dei diritti degli studenti, dei ricercatori e dei professori. A seguire si è riunita la commissione Culturae abbiamo assistito a una scena penosissima.

I deputati della maggioranza hanno dovuto fare una sorta di abiura approvando ben 34 emendamenti abrogativi di norme che essi stessi avevano votato solo qualche settimana fa’.

Riassumo di seguito i contenuti più importanti di tali emendamenti.

Solo chi muove da un radicato disprezzo verso l’università può portare all’approvazione i seguenti peggioramenti:

- eliminazione del ripristino degli scatti di anzianità per i giovani ricercatori sbandierato dalla Gelmini in tante televisioni (art. 5 bis del testo approvato in commissione Cultura)

- definanziamento degli incentivi per l’internazionalizzazione del sistema universitario e in particolare per insegnamenti o corsi di studio che si tengono in lingua straniera (art. 2, comma 2, lettera l)

- possibilità di assorbimento da parte del ministero dei risparmi generati da eventuali fusioni di atenei, dopodiché non si capisce con quali incentivi si realizzeranno tali processi (art. 3, comma 3)

- soppressione del trasferimento dei beni demaniali in uso agli atenei (art. 3bis)

- obbligo di restituzione dei buoni studio anche da parte degli studenti che hanno ottenuto il massimo dei voti (art. 4, comma 1, lettera b)

- cancellazione nella definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) per il diritto allo studio dei seguenti obiettivi: borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi; dopodiché non si capisce che cosa rimanga (art. 5, comma 6, lettera a)

- nei passaggi di livello eliminazione dell’aggancio alla classe quarta per la rivalutazione iniziale che era stato introdotto a parziale compensazione della mancata ricostruzione di carriera (art. 8, comma 3, lettera b)

- definanziamento della retribuzione integrativa per i ricercatori che svolgono didattica o attività gestionali (art. 9 comma 01)

- eliminazione della soglia minima di 20 mila euro annui per gli assegni di ricerca (art. 19, comma 6)

- ammissione che non si tratta di una vera tenure track poiché la conferma di ruolo è condizionata con norma esplicita alla disponibilità delle risorse (art. 21,comma 5)

- mancato riconoscimento delle prestazioni dei contratti a tempo determinato ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza (art. 25, comma 10quater)

- cancellazione della norma relativa ai concorsi per associato che non ha copertura finché non viene approvata al Senato la legge di stabilità.

La perla finale è il commissariamento del ministro Gelmini contenuto nell’ultimo emendamento (art. 25, comma 11 bis). Il ministro dell’Università, secondo la norma introdotta, “provvede” al monitoraggio degli atenei e “riferisce” al ministro dell’Economia il quale interviene “con proprio decreto” per modificare gli stanziamenti in bilancio a favore dell’università. E’ un linguaggio mai utilizzato nella legislazione italiana. Mai prima d’ora, infatti, erano state introdotte norme che subordinano un ministro rispetto a un altro, dal momento che la Costituzione ne stabilisce la parità di rango. Se fosse solo un problema personale potremmo dire che la Gelmini se l’è cercata e non saremo certo noi a compiangerla. Ma qui è in gioco una questione istituzionale che riguarda in ultima istanza la libertà universitaria. Doveva essere una riforma epocale. Oggi non è più neppure un disegno di legge. E’ una doppia ordinanza di commissariamento. Gli atenei sotto il comando del ministero dell’Università e questo sotto il ministero dell'Economia.

venerdì 19 novembre 2010

fermate il DdL Gelmini – L’alternativa politica riparta dalla questione dei saperi

Appello all’opposizione parlamentare: fermate il DdL Gelmini – L’alternativa politica riparta dalla questione dei saperi

di Anna Carola Freschi, mercoledì 17 novembre 2010,


Nel 2005 il movimento dei precari contro la Moratti, nel 2008 l’Onda degli studenti, quest’anno (finalmente!) il movimento dei ricercatori ‘strutturati’. Sono questi i movimenti che negli ultimi anni hanno illuminato la realtà, spesso inquietante, del lavoro nell’Università italiana. Che in Italia la ricerca e i ricercatori siano drammaticamente sotto-finanziati rispetto ai paesi OCSE è una cosa grave che però, tante le volte che è stato detto e ridetto, non fa più notizia.

Ciò che la protesta dei ricercatori ha messo in luce, e che da ora in avanti non potrà più essere taciuto, è che l’offerta formativa delle università italiana si è retta in questi anni in grandissima parte (oltre un terzo) sul lavoro di una massa di ricercatori, strutturati (24.000) e non strutturati (si parla di almeno 40.000 persone tra i 30 e i 40 anni). Lavoro spesso gratuito o pagato simbolicamente; spesso reso ‘obbligatorio’ da regolamenti locali in palese contrasto con la normativa nazionale (W l’autonomia!). In pratica, con la scusa dell’autonomia, si è nei fatti creato un sistema di arbitrio feudale nella gestione del lavoro accademico.

Sono stati i 10.000 (www.rete29aprile.it) ricercatori strutturati italiani (quasi la metà del personale in questo ruolo) che quest’anno hanno dichiarato di essere indisponibili a svolgere compiti didattici non previsti dalla legge a squarciare il velo dell’ipocrisia che regna, a più livelli, nell’accademia italiana. Corsi di laurea importanti sono stati spazzati via dalla protesta o ‘aggiustati’ alla bell’e meglio, perdendo la loro fisionomia e la loro coerenza. Questa decisione, non di scioperare ma di avvalersi di un diritto, ha quindi prodotto una forte lacerazione dentro le università, ha provocato in non pochi casi le reazioni dei vertici accademici, portandoli ad esercitare pressioni indebite sui ricercatori perché, zitti e buoni, tornassero in aula o adottassero forme di protesta compatibili con il funzionamento delle facoltà. Insomma, la protesta potete dichiararla, anzi siamo tutti con voi! Quanto al ‘farla’, pensateci bene. Addirittura si è detto alle ricercatrici ed ai ricercatori indisponibili di tornare in aula per senso di responsabilità verso gli studenti e verso la Facoltà (“le matricole scappano negli atenei vicini, facciamo il gioco della concorrenza!”). Ma quale studente vorrebbe che i propri genitori andassero al lavoro, fossero minacciati di ritorsioni sulla carriera se non accettano di fare di più di quel che devono? Quali vorrebbero che i loro genitori, ne bel mezzo di un pesante taglio stipendiale, svolgessero mansioni per cui non sono pagati e non hanno un riconoscimento? Oppure l’idea è che i giovani si debbano adattare a questa idea generale, a partire dalle loro madri, dai loro padri, da loro stessi, ‘fabbricati’ per il precariato in un paese che ha perso la sua dignità? Quali studenti vorrebbero istituzioni pubbliche, le università appunto, che agiscono ai margini della legalità o che la violano esplicitamente? E’ anche su questi aspetti che si decide se proiettare il Paese nel futuro o sprofondarlo nel passato (feudale).

Son ben poche le università in cui la protesta dei ricercatori strutturati non ha attecchito. Nelle sedi storiche, più importanti, in quelle delle grandi città, la protesta ha coinvolto l’intero mondo universitario, in particolare studenti, precari, ma anche associati, ordinari, amministrativi, qualche rettore ‘dissidente’ rispetto ai canoni CRUI, personalità del mondo della cultura, in una reazione corale contro un progetto che vorrebbe l’università fortemente ridimensionata, svilita nelle proprie funzioni pubbliche, privata di strumenti di autogoverno che possano dirsi tali, assoggettata a ‘manager’ (le virgolette sono dovute) secondo il triste modello invalso nella sanità pubblica. Una università in cui, spazzata via la figura del ricercatore a tempo indeterminato, la prima fase della carriera scientifica – già oggi per molti interminabile – si svolge interamente sotto i vincoli della precarietà. Una università in cui il diritto allo studio è stato geneticamente mutato in accesso agevolato al debito: dove quindi gli studenti meritevoli ‘ma privi di mezzi’ saranno costretti a cedere il quinto dello stipendio prima di averne (chissà quando) uno. Una università in cui tutto il potere è concentrato nelle stesse irresponsabili mani che l’hanno gestita finora.

E’ sempre più chiaro che questa riforma è contro l’università pubblica, contro chi ne vuole il rilancio e la trasformazione in senso progressista. E’ una università che non sa niente delle condizioni sociali e culturali per produrre innovazione e cultura, è una università intrinsecamente diseducativa. Del tutto irrisorio il fatto che Tremonti rimetta sul piatto le stesse risorse che poco prima ha tolto, dando ulteriore prova di essere un maestro della finanza creativa. Risorse insufficienti ad affrontare i problemi dell’università, che invece proprio la crisi economica, culturale e morale del paese richiederebbero di affrontare con decisione. Crisi, beninteso, di cui questa università malata, da cambiare, prodotta da un lungo periodo di profonda incuria e scorribande riformatrici, è un pezzo emblematico.

Se è vero che il paese ha bisogno di un forte ricambio generazionale e culturale, di un cambio di prospettiva e di passo, questo non può che cominciare dalla valorizzazione della scuola, della formazione, della ricerca e non può che ascoltare la voce di coloro che con la mobilitazione diretta, nelle scuole, nelle piazze, nelle fabbriche, sui tetti e sulle gru, nelle università, all’Isola dell’Asinara come a Pomigliano, in Val di Susa come a L’Aquila o a Terzigno, mamme vulcaniche e forum per l’acqua, si sono assunti una responsabilità che va molto al di là del proprio semplice, individuale, pur legittimo, interesse e ruolo di cittadini e di produttori.

Eppure, nonostante la mobilitazione in corso da mesi negli atenei italiani, il DdL sta per entrare alla Camera per essere ‘discusso’ (anche qui le virgolette sono d’obbligo) per una rapida approvazione. Tutto ciò è surreale. Un governo coi giorni contati, bloccato su qualsiasi altro progetto legislativo, non sembra ancora rinunciare a condurre in porto questa controriforma, tanto è grande l’arrogante sicurezza che i cittadini di questo paese non siano in grado di capire e difendere le ragioni della cultura, della ricerca, dei beni comuni e dei loro produttori. Questo governo ha finora rifiutato un confronto vero con le istanze della mobilitazione. E a Cortona, mentre dichiarava che il Governo aveva le ore contate, nello stesso tempo Fini sottolineava quanto il FLI tenga alla riforma universitaria della Gelmini.

In questo contesto, l’opposizione parlamentare non può in nessun modo accettare che questa riforma contro il sapere sia approvata da una maggioranza sfiduciata persino da se stessa. L’Università merita una riforma vera e condivisa con il mondo universitario concreto: non con la CRUI, suo distorto ologramma; ma piuttosto con i ricercatori, strutturati e precari, con le nuove leve dell’apparato tecnico-amministrativo, che sono l’università di domani, e con gli studenti, il futuro del paese.

Se l’opposizione parlamentare vuole realmente costruire un’alternativa per il paese parta da qui. In questa situazione politica, non si può varare una riforma che pretende di essere strutturale (di fatto lo è, ma andando nella direzione dello smantellamento dell’università pubblica statale e dell’istituzionalizzazione dei suoi mali). Dichiarazioni pubbliche, emendamenti e voto contrario non bastano. Si dimostri limpidamente, nei fatti, di fronte a tutto il paese e all’opinione pubblica internazionale che il parlamento è diviso su questioni strategiche di grande rilevanza collettiva, e non solo sulle vicende private del Presidente del Consiglio. L’opposizione parlamentare chieda con forza e determinazione il ritiro del DdL, esca dall’Aula al momento del voto, rendendo esplicite le responsabilità politiche di ciascuno. In questo frangente politico, le opposizioni ne hanno tutti gli argomenti e le ragioni. Se così non fosse, questa macchia riapparirà su qualunque vestito ‘buono’ ci si prepari ad indossare. Se si tiene al futuro del paese, ci si assuma la responsabilità di opporsi con tutte le energie a questa riforma, e quindi di farne un’altra (di cui c’è bisogno) in un nuovo quadro politico, quando l’alternativa avrà preso corpo e, si spera, ci saranno le condizioni per avviare un dialogo con tutte le forze sane del paese.

Anna Carola Freschi (Università di Bergamo) e Vittorio Mete (Università di Catanzaro)

Ricercatori indisponibili

Anna Carola Freschi su http://www.gennarocarotenuto.it

giovedì 18 novembre 2010

L’università e la tentazione dell’ope legis

L’università e la tentazione dell’ope legis
Ogni volta che la gestione della cosa pubblica in Italia genera dei precari o delle situazioni instabili appare l’espressione “ope legis”, ovvero un provvedimento-sanatoria “in forza di legge” e non di merito. Sembrerebbe che tutta la discussione sul come risolvere un problema debba passare tra il mandare tutti a casa o imbarcare tutti, vincolando artificiosamente e falsamente il dibattito alla contrapposizione di due fazioni avverse e inconciliabili. Un esempio viene oggi dal dibattito sulla riforma delle università.

In questi mesi, infatti, si è assistito alla crescita del movimento di protesta contro il disegno di legge “Gelmini” di riforma delle Università, giudicato profondamente inadeguato da una larghissima parte dei docenti universitari, dai precari della ricerca, dagli studenti. Chi si oppone oggi al ddl lo fa perché il testo fa finta di proporre una riforma seria (peraltro mai discussa con le parti in causa se non con i rettori) ma contiene interventi aberranti, tra i quali, per esempio, quelli che riducono il diritto allo studio, quelli che stravolgono il governo delle università esautorando gli atenei dalla propria gestione, quelli che individuano strategie che penalizzano in modo particolare i ricercatori strutturati e precari. Il problema dell’esercito dei 50-100.000 precari, sulle cui spalle ricade una parte fondamentale del lavoro di ricerca e una non trascurabile parte della didattica, è gravissimo. Saranno tutti o quasi mandati via, nonostante l’evidenza che senza il loro apporto le università non sarebbero in grado di funzionare.

Tra coloro che protestano ci sono anche i ricercatori universitari, che hanno scelto di rendersi indisponibili a tenere i corsi, cosa che non fa parte delle loro mansioni, mettendo a nudo il fatto che l’Università italiana si è retta per anni sul volontariato di persone che non hanno la docenza tra i propri compiti ma che, di fatto, reggono circa il 40% della didattica su base nazionale.

L’azione di protesta dei ricercatori universitari, che si sono coordinati su base nazionale con la “Rete 29 aprile”, ha comportato in moltissimi atenei il caos: anni accademici rinviati, corsi sovraffollati, docenti sostitutivi reperiti in tutta fretta e spesso inadeguati alla bisogna. Insomma, gli indisponibili hanno svelato d’un colpo il mistero di un’Università che secondo le statistiche internazionali (OCSE per esempio) è già ora gravemente sottofinanziata e a corto di personale, ma che nonostante ciò riesce a fornire un ottimo livello di preparazione agli studenti (a tutto beneficio, purtroppo, dei paesi esteri) e a ben figurare nelle classifiche internazionali di produttività scientifica.

Ed ecco che riappare a questo punto, puntualmente, la parola “ope legis”, utilizzata ad arte come arma nei confronti di chi protesta. Si preferisce screditare chi protesta attribuendo loro (sia ai precari della ricerca che ai ricercatori universitari) la volontà di ottenere un provvedimento di inquadramento in ruolo o di promozione “ope legis” piuttosto che provare a discutere nel merito delle loro proposte di modifica, che non vengono mai neppure citate. I detrattori del movimento degli indisponibili (tra cui l’ineffabile Oscar Giannino) non perdono occasione per ribadire, con grande certezza, che le proposte di riforma di migliaia di ricercatori sarebbero solo un gigantesco specchietto delle allodole: nasconderebbero la difesa dello status quo e la segreta aspirazione ad una promozione “ope legis” generalizzata.

I ricercatori in realtà hanno fatto una scelta diversa, la hanno scritta nei loro documenti e la difendono: vogliono essere valutati. Hanno scelto di vincolare qualunque scelta alla propria valutazione perché sono consci delle proprie capacità e della qualità del proprio lavoro e chiedono che l’università sia riformata con questo criterio di base. Per valutare in condizioni di equità serve però che tutto il sistema funzioni: non si può correre solo su una gamba (l’università) mentre l’altra gamba (il lato governativo) sta ferma. Nel disegno di legge non c’è nulla di tutto ciò, trasformando il possibile riconoscimento del merito in un’altra operazione priva di concretezza.

L’Università va riformata, ma la riforma va condivisa, non calata dall’alto come un destino ineluttabile. Ci sono ora tutti i presupposti perché il dialogo vero di riforma possa essere avviato e concluso in tempi brevi, a patto di scendere dal proprio piedistallo e di pensare in termini costruttivi e non di preconcetti. Gli universitari, a partire dai ricercatori, si parlano, si confrontano e avanzano proposte vere. Si può fare, una riforma condivisa, ma purtroppo manca, per ora, la volontà da parte di chi ha il potere di decidere.

lunedì 15 novembre 2010

Gli studenti che debbono lasciare del materiale alla dott. Mancini possono lasciarlo presso il Dipartimento di Linguistica il 16 novembre dalle 9 alle 12. Il ricevimento ci sarà il 24 novembre alle 9 nel suo studio.

giovedì 11 novembre 2010

L'avvio della discussione del DdL Gelmini nell'aula della Camera dei Deputati è stato fissato per il prossimo 18 novembre

L'avvio della discussione del DdL Gelmini nell'aula della Camera dei
Deputati è stato fissato per il prossimo 18 novembre. In realtà si tratta di
una data quanto mai aleatoria, sulla quale pesano le incognite legate alla
gestione autocratica delle risorse da parte del ministro Tremonti e le tante
debolezze interne del governo.

Riteniamo però fondamentale che la settimana prossima veda una forte ripresa
della mobilitazione contro il DdL in tutte le università italiane. La pausa
imposta dalle difficoltà interne alla maggioranza e dai segnali di
opposizione provenienti dal mondo universitario, non ha indotto il governo
alla necessaria riflessione critica. Nessuna proposta è stata recepita,
nessuna obiezione è stata ascoltata. Le ragioni della protesta erano forti
ieri e sono ancora più forti oggi.

Ribadiamo la nostra ferma opposizione ad un DdL che intende cancellare il
carattere pubblico dell'istruzione universitaria, concedere poteri smisurati
alle stesse caste responsabili della cattiva gestione degli atenei negli
ultimi anni, convertire i consigli di amministrazione delle università in
luoghi di lottizzazione i cui seggi saranno spartiti fra amici e sodali del
potente di turno, trasformare il diritto di studio in indebitamento
preventivo, estendere la precarizzazione della docenza e della ricerca
cancellando prospettive e sopprimendo diritti, restringere le prospettive di
carriera di ricercatori e docenti, scatenare insani conflitti fra categorie
a tutti i livelli, dalle facoltà all'interno dei singoli gruppi di ricerca.

Per queste ragioni, sollecitiamo tutte le componenti universitarie e tutte
le sedi locali ad intraprendere iniziative ad ogni livello, chiediamo ad
atenei, facoltà e corsi di laurea iniziative di sospensione della didattica
a partire dal 15 novembre e chiediamo a tutti gli universitari di aderire
allo sciopero nazionale del 17 novembre.

Coordinamento dei Precari della ricerca e della docenza - Università
Rete 29 Aprile

38mila Down perdono pensione, ma i parlamentari con 2 anni di contributi no

38mila Down perdono pensione, ma i parlamentari con 2 anni di contributi no

Ecco le pensioni dei parlamentari: soli 2 anni e mezzo di "lavoro" per averne diritto. Sono 1.377 ex deputati, 861 ex senatori, oltre a mille vitalizi di reversibilità pagati ai familiari di parlamentari scomparsi, a percepire una pensione che va da 3mila a oltre 9mila euro mensili. Sul sito de l'Espresso è possibile consultare l'elenco completo dei parlamentari e l'importo della loro pensione, a questo link: http://commenti.kataweb.it/scandalopensioni/index.php . 38mila persone con sindrome di Down, invece, dopo la manovra finanziaria del governo, saranno cancellati. L’articolo 9 della “manovra anti sprechi” sposta la soglia dell’handicap che dà diritto a percepire l'assegno di invalidità di 256 euro al mese, dal 74% all’85% .

Londra: studenti in piazza

11 novembre 2010 | 08:47
Londra: studenti in piazza contro il governo


Londra. Circa 50.000 studenti hanno manifestato ieri contro il raddoppio delle rette universitarie deciso dal governo presieduto dal conservatore David Cameron. Fino ad ora, le spese di iscrizione per gli studenti nelle università britanniche non potevano superare le 3.290 sterline (3.777 euro) per studente e all'anno, ma Cameron intende concedere l'autorizzazione agli atenei per fissarle a 6mila sterline e in "circostanze eccezionali" a 9mila. Da qui le proteste che sono culminate nella manifestazione di ieri che, in gran parte pacifica, è sfociata in scontri con la polizia intorno alle 16 di ieri quando alcune decine di manifestanti sono penetrati con la forza nell'edificio che ospita la sede del partito conservatore, spaccando le vetrate d'ingresso e accendendo falò. A questo punto sono arrivati i reparti antisommossa per sgombrare l'edificio e sono scoppiati gli scontri che hanno provocato alcuni contusi e 32 arresti.

martedì 9 novembre 2010

UN MILIARDO ALL'UNIVERSITA'? NON GIOCHIAMO CON I NUMERI!

COORDINAMENTO NAZIONALE DEI PROFESSORI ASSOCIATI
http://www.professoriassociati.it

COMUNICATO STAMPA
8 novembre 2010

UN MILIARDO ALL'UNIVERSITA'? NON GIOCHIAMO CON I NUMERI!

Il Coordinamento Nazionale dei Professori Associati prende atto con profondo
stupore dell'annuncio del Ministro Giulio Tremonti dello scorso 5 novembre,
secondo cui il Governo intenderebbe destinare nella prossima finanziaria un
miliardo di Euro all'Università.

Quel che purtroppo non emerge dai titoli trionfalistici dei giornali di questi
giorni è che tali somme non costituiscono un finanziamento aggiuntivo, ma
piuttosto semplicemente parziali e del tutto insufficienti restituzioni di una
minima parte dei tagli operati in questi ultimi due anni, e precisamente:
- 700 milioni, oltre tutto previsti unicamente per il prossimo anno,
corrispondono all'incirca alla metà del taglio al Fondo di Finanziamento
Ordinario dellUniversità, con il risultato che gli Atenei statali sconteranno
comunque una riduzione dei propri bilanci di almeno l'8%, con incertezze
immutate già per l'anno successivo. La vera notizia dunque è che 700 milioni
sono l'ammontare del taglio previsto per il 2011!!!
- 200 milioni sono destinati a garantire il diritto allo studio, a ripianamento
dell'incredibile taglio che nel 2010 aveva visto crollare l'importo per gli
studenti a soli 99 milioni (il livello più basso degli ultimi dieci anni!).
Tutto ciò mentre il ddl Gelmini-Tremonti prevede di azzerare il contributo
dello stato agli studenti meritevoli e privi di mezzi, per passare alla logica
del credito agevolato! In un paese dove la disoccupazione giovanile è la più
alta d'Europa e la laurea non serve più a trovare lavoro!!!
- 90 milioni circa serviranno per ridurre (ma solo una-tantum, senza recuperare
i danni permanenti) parte dei tagli alle retribuzioni dei docenti operati lo
scorso luglio e per finanziare una minima parte dei 9000 concorsi riservati a
professore associato promessi ai ricercatori universitari per indebolirne la
ferma contrarietà al ddl Tremonti-Gelmini (con il solito vecchio stile da
"prima repubblica": un tempo si sarebbe detto che "un titolo di cavaliere e un
sigaro toscano non si negano a nessuno", ora semplicemente si gettano in pasto
briciole a pochi aspettandosi che ci caschino tutti, iniziando ad
accapigliarsi).

Il Coordinamento ribadisce che, anche nel caso queste risorse arrivassero,
sarebbero del tutto insufficienti, trattandosi di un recupero parziale dei
tagli già operati, appena sufficiente alla mera sopravvivenza degli Atenei (e
forse nemmeno di tutti). Non si tratta certo dei "fondi per la riforma
dell'università" trionfalisticamente annunciati anche ieri a Cernobbio dal
Ministro Gelmini.
Il vero problema resta il definanziamento del sistema dell'Università e della
ricerca pubblica e un inaccettabile ddl Gelmini-Tremonti, espressione di una
visione verticistica e vetero-baronale degli Atenei, a tutto danno di
autonomia, responsabilità, merito e democrazia.

Il Coordinamento Nazionale
dei Professori Associati
http://www.professoriassociati.it

lunedì 8 novembre 2010

Coordinamento Nazionale Professori Associati

COORDINAMENTO NAZIONALE DEI PROFESSORI ASSOCIATI
http://www.professoriassociati.it

CONTRO IL DDL GELMINI-TREMONTI NASCE IL COORDINAMENTO NAZIONALE DEI PROFESSORI
ASSOCIATI

Si costituirà ufficialmente il prossimo 15 novembre 2010 a Roma nel corso di
un'assemblea nazionale presso l'Università La Sapienza il Coordinamento
Nazionale dei Professori Associati, nato per iniziativa dei docenti di numerose
Università di tutta Italia, tra cui Bari, Cagliari, Genova, Insubria
Varese-Como, Milano Bicocca, Palermo, Roma Tor Vergata, Siena, Torino, Trieste.

Il Coordinamento nasce in risposta alle preoccupazioni dei professori
universitari per le gravi conseguenze che il disegno di legge di riforma
dell'università (c.d. ddl Gelmini-Tremonti) attualmente in discussione alla
Camera dei Deputati avrebbe per l'università pubblica, la ricerca, la
formazione e il diritto allo studio.

Nel manifesto programmatico di indizione dell'assemblea di Roma (il cui testo
integrale è reperibile sul web: http://www.professoriassociati.it) si
sottolinea come il ddl costituisca la chiara espressione di una visione
decisamente verticistica del governo degli atenei
, a danno dell'autonomia e
della democrazia
. L'invasione delle università da parte della politica e di una
visione superficialmente aziendalistica privatizzerà al ribasso il sistema
ponendo le basi per una violazione sia della libertà di ricerca e di
insegnamento sia del diritto allo studio (sanciti dagli artt. 33 e 34 della
nostra Costituzione).

I professori aderenti al Coordinamento condividono le critiche al ddl espresse
con forza dalle migliaia di ricercatori universitari
che hanno dato vita a
molteplici iniziative di mobilitazione, tra cui spicca la Rete 29 Aprile,
nonché dalle più rappresentative associazioni nazionali degli studenti
universitari
. Il Coordinamento adotterà ogni iniziativa utile ad ottenere:
- la modifica sostanziale del ddl Gelmini-Tremonti,
- l'abolizione del sottofinanziamento all'Università,
- l'eliminazione delle penalizzazioni previste per i professori e ricercatori e
per il personale tecnico e amministrativo introdotte con la recente manovra
finanziaria.

Il Coordinamento Nazionale
dei Professori Associati
http://www.professoriassociati.it

Documento stilato dagli studenti di Ingegneria - UNICAL

L'Assemblea degli Studenti della Facoltà di Ingegneria, riunitasi il 26 Ottobre 2010
nell'aula P2 Occupata, successivamente per la grande affluenza spostatasi in aula A,
che ha visto la partecipazione di centinaia di studenti della Facoltà, si è espressa
compattamente e in maniera forte rispetto alla situazione in cui versa l'Università
Pubblica Italiana.
Gli studenti hanno analizzato non solo le conseguenze che sul piano nazionale
vedono il sistema dell'istruzione pubblica, tra cui anche l'università, in ginocchio a causa delle continue vessazioni subite in maniera bipartisan, ma hanno anche
focalizzato chiaramente quelle che sono le conseguenze nella nostra Università e sul
nostro percorso di studi.
Dai dati forniti durante la discussione è emersa una Facoltà con un bilancio ridotto di tre quarti rispetto a quello degli anni passati. Inoltre il diritto allo studio dell'ateneo è letteralmente piegato dal taglio del 65% delle borse di studio, il quale si aggiunge ad un bando di ammissione che conta circa 1300 posti in meno per gli studenti. E siamo ancora all'inizio dei tagli della Legge 133/08 (circa 200 milioni di euro su 1450 totali) a cui si aggiungeranno le nuove decurtazioni previste dalla finanziaria attualmente in discussione.
In questo contesto di affondamento coatto dell'Università Pubblica per opera dei
Ministeri delle Finanze e della Pubblica Istruzione, il governo si prepara a
ristrutturare, o meglio destrutturare, il tutto dall'alto attraverso il DDL 1905
(cosiddetto DDL Gelmini). Portando gli atenei alla fame e incentivando una
campagna mediatica di diffamazione nei confronti dell'Università, il governo intende
celare le sue reali intenzioni. Il DDL 1905, infatti, cavalcando un decennio di pessima gestione dell'autonomia degli atenei, intende far sparire ciò che rimane dell'Istruzione di massa, simbolo del cambiamento dell'intero paese nella seconda metà del secolo scorso.
Al taglio delle borse di studio si intende sopperire coi Prestiti d'onore: quello che fino ad oggi era un diritto per tutti coloro i quali non possono permettersi gli studi superiori, viene trasformato in un debito da contrarre nei confronti di banche e istituti di credito vari. Come succede in altri ambienti della Cosa Pubblica, il bisogno diventa motivo di ricatto e di lucro. Quando pagheremo questi debiti con gli anni di precariato e disoccupazione che attendono statisticamente gli studenti alla fine del proprio percorso formativo?
Inoltre, se già oggi i vertici dell'Università possono permettersi mille scelleratezze, con l'approvazione del nuovo DDL si assisterebbe ad un ulteriore accentramento dei poteri in mano a pochi soggetti. Nello specifico si intende sopprimere il ruolo decisionale che spetta al Senato Accademico in materia di Didattica lasciando ogni decisione in mano al nuovo CDA. Questo sarà composto da massimo 11 membri, tra cui:
- Rettore
- 1 o 2 rappresentanti degli studenti (a fronte dei 3 attuali)
- almeno 3 membri esterni al Sistema Universitario
Questi 3 membri esterni ed il resto del CDA devono essere scelti tra "personalità con
comprovata capacità in campo gestionale", presumibilmente personalità politiche o
"di spicco" nel panorama regionale: possiamo soltanto immaginare chi entrerebbe
nell'amministrazione del nostro Ateneo considerando il contesto calabrese. Al Senato
Accademico non resterebbe altro che il semplice ruolo di formulare proposte e pareri.
In tutto questo gli studenti, ed intere generazioni di giovani italiani, si trovano a
subire unilateralmente le conseguenze di scelte ben precise da parte di una classe
dirigente scellerata tanto tra le stanze dei ministeri quanto tra gli uffici amministrativi degli atenei, i quali, nel migliore dei casi, hanno semplicemente avallato i primi.
Gli Studenti della Facoltà di Ingegneria dell'Università della Calabria, uniti e con
forza, rigettano la manovra in atto e si dichiarano fermamente contrari ai tagli della legge 133/08, ai tagli che stanno emergendo dalla nuova manovra finanziaria ed al DDL 1905 prossimamente in discussione. Nel dichiarare ciò annunciano di
organizzarsi in un coordinamento per pianificare e realizzare attività di informazione, sensibilizzazione e protesta che andranno avanti ad oltranza fino al ritiro dei suddetti.
La necessità di continuare il proprio percorso di studi (lezioni, esami, altre attività), manifestata ovviamente da tutto lo studentato, sia per ragioni prettamente didattiche, quanto per ragioni effettivamente economiche, si unisce quindi alla consapevolezza che quanto sta accadendo al sistema universitario esige una nostra risposta decisa.
È una responsabilità irrimandabile nei confronti delle nostre concrete prospettive di
studio e di realizzazione.
È una responsabilità irrimandabile nei confronti di generazioni e generazioni di
studenti futuri che non potranno permettersi più di studiare nelle Università che non
saremo stati in grado di difendere. Se pensiamo poi al ruolo sociale dell'Università
della Calabria, nata proprio per permettere a migliaia di giovani calabresi di accedere all'alta formazione, come studenti di questo ateneo ci sentiamo ancora più coinvolti in questa ostinata difesa.
È una responsabilità irrimandabile nei confronti dell'intero paese, il quale senza
un'istruzione pubblica e accessibile regredirebbe verso una condizione di ulteriore
arretratezza. Lo sanno bene gli artefici di questo progetto: una popolazione senza
cultura è una popolazione facilmente plasmabile.
Come studenti della Facoltà di Ingegneria non intendiamo difendere l'attuale sistema
di errori e privilegi che caratterizza una parte dell'Università Pubblica Italiana.
Difendiamo però con forza il ruolo fondamentale dell'Università Pubblica,
respingendo qualsiasi provvedimento che ne comprometta la sopravvivenza. Al di là
di proclami e fuorvianti dichiarazioni d'intenti, questa è l'unica reale conseguenza dei provvedimenti sopra citati, i quali rappresentano una organica e pianificata controriforma.
Ci troviamo dunque a difendere quanto abbiamo adesso per avere la possibilità di cambiarlo, in meglio, domani. Questi contenuti continueranno ad essere discussi ed approfonditi nella facoltà, contestualmente alla loro diffusione ed alle iniziative di lotta che intendiamo intraprendere da oggi in poi.
Non abbiamo timore di iniziare una lotta partendo dalle nostre aule, fiduciosi che la
mobilitazione già attiva lungo tutto il paese prenderà presto forza e vincerà questa
importante battaglia del nostro tempo.
STUDENTI DELLA FACOLTÀ DI INGEGNERIA - UNICAL
ASSEMBLEA DEL 26 OTTOBRE 2010

sabato 6 novembre 2010

A chi interessa?

Sono stati pubblicati i bandi per la selezione di“ESPERTI” e “TUTOR” da coinvolgere in attività formative rivolte a studenti di scuola media per il recupero ed il potenziamento delle abilità linguistiche di base ed in particolare delle abilità di lettura.

I due bandi sono stati pubblicati nell’ambito del progetto della Facoltà di Lettere e Filosofia dal titolo "Leggere per capire, leggere per fare", finanziato nell’ambito della L.R.27/1985 con D.D. della Regione Calabria n.7310 del 10 maggio 2010.

Per l’ammissione alla procedura comparativa pubblica è richiesto, alla scadenza del bando, il possesso dei seguenti requisiti:

- essere cittadino italiano, ovvero, di uno degli Stati membri dell’Unione Europea;

- godere dei diritti civili e politici anche negli Stati di appartenenza o di provenienza;

- non aver riportato condanne penali e non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale;

- essere a conoscenza di non essere sottoposto a procedimenti penali;

- possesso del diploma di laurea di cui al vecchio ordinamento, o laurea magistrale di nuovo ordinamento, conseguito nell’ambito dei corsi di laurea delle Facoltà di: Lettere e Filosofia, Scienze della Formazione, Lingue e Letterature Straniere.

La scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione è fissata per il mercoledì 24 novembre 2010, alle ore 12.00.

Il testo integrale del bando ed i relativi allegati sono disponibili sul sito:

http://www.unical.it/portale/portaltemplates/view/view.cfm?19163.