venerdì 24 dicembre 2010

NON E' FINITA! E' SOLO L'INIZIO.....

Riforma Gelmini, i professori di Bologna
"Pronti al referendum abrogativo"
Se il Ddl dovesse essere approvato, i docenti dell'Alma Mater inizieranno a raccogliere le firme nelle aule universitarie ai margini delle lezioni: "Siamo preoccupati per il futuro, vicini a ricercatori e studenti"

Riforma Gelmini, i professori di Bologna "Pronti al referendum abrogativo"

Sono pronti a raccogliere le firme nelle aule universitarie, a margine delle lezioni i "professori preoccupati", così si definiscono. Preoccupati per le conseguenze che l'eventuale parrovazione del ddl gelmini sull'università comporterà per il futuro di studenti, ricercatori e professori stessi. Se il ddl passerà, infatti, nascerà un referendum abrogativo.

I "professori preoccupati" hanno stilato una piattaforma di sette punti, sulla quale stanno raccogliendo adesioni fra i docenti bolognesi. "Non stiamo coinvolgendo ricercatori e studenti - ha spiegato Maurizio Matteuzzi, che insegna filosofia del linguaggio - perché, pur condividendo le loro posizioni, vogliamo dimostrare che non è vero che i docenti sono d'accordo con la riforma Gelmini".

I 'professori preoccupati' chiedono di mantenere la natura rigorosamente pubblica della ricerca, rispetto dell'autonomia nella definizione delle strutture amministrative, valutazione in tempi certi dei docenti e periodicità affidabile dei concorsi.
Chiedono anche fondi pubblici per garantire il diritto allo studio ed impegni di lungo periodo come l'allineamento alla media Ocse del rapporto studenti-professori e della spesa per la ricerca in rapporto al Pil.

Un impegno diretto del mondo universitario. "Vogliamo che il comitato per un eventuale referendum - ha detto Matteuzzi - venga promosso dal mondo accademico con le Università che raccolgono direttamente le firme, con un sussulto d'orgoglio del nostro mondo. E vogliamo anche che l'ateneo bolognese prenda una posizione: non siamo d'accordo sul fatto che il nostro, essendo virtuoso, tenda a salvare se stesso". Una delle richieste dei "professori preoccupati" è quello che l'Ama Mater esca dalla Crui, che ha sostanzialmente appoggiato la riforma Gelmini.

mercoledì 22 dicembre 2010

Buone Feste


Auguro a tutti e a tutte buone feste!!!!!

giovedì 16 dicembre 2010

Una bellissima lettera di Saviano agli studenti

L'INTERVENTO
Lettera ai ragazzi del movimento
di ROBERTO SAVIANO

Lettera ai ragazzi del movimento
CHI HA LANCIATO un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee.

Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia.

I passamontagna, i sampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchie reazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicità dei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia martedì. Poliziotti che si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia, frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziotti isolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scena che non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra in strada, questo governo ha vinto ancora una volta. Ridurre tutto a scontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazioni e così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro vengano raccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre e lacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone. Pregiudicandolo, rovinandolo.

Scrivo
questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stanno occupando le università, che stanno manifestando nelle strade d'Italia. Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita, pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove la metti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi non arriva a fine mese e aspetta da vent'anni che qualcosa nella propria vita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia, quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tiene desto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie, scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tirati indietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con una sassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa.

Così inizia la nuova strategia della tensione, che è sempre la stessa: com'è possibile non riconoscerla? Com'è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il "blocco nero" o come diavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere del movimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il Subcomandante Marcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavano di smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelli quello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cui scintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto più pericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualche secondo.

Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gli adolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazza e vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col casco e le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa, continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciare una camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano come esca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, e delatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti i suoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaio ha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hanno seguito. E' su questo che vorrei dare l'allarme. Non deve mai più accadere.

Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia di evitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po', per poi tornare a com'era, a come è sempre stato. L'idea di un'Italia diversa, invece, ci appartiene e ci unisce. C'era allegria nei ragazzi che avevano avuto l'idea dei Book Block, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa di coscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tutto parte dai libri, dalla scuola, dall'istruzione. I ragazzi delle università, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vedere con i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat sia affrontare il capitalismo. Anche dalle istituzioni di polizia in piazza bisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ogni spezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chi con casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo che in piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti di poliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battaglie personali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti i modi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente della guerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà in piedi uno solo.

Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età e per - Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giorno contro tutto quello che sta accadendo - abbiamo i nostri corpi, le nostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non i soliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano "parole d'ordine". Questa era la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna. Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanare i violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serve per pensare, non per fare l'ariete. I book block mi sembrano una risposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza sapere cos'è l'anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fare agli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Si nasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in grado di vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allo studio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e non si nasconde, anzi fa l'esatto contrario. E se le camionette bloccano la strada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stanno arrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, a chi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono diritti da difendere, che c'è chi li difende anche per loro, che c'è chi garantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica e democratica perché è questa l'Italia che si vuole costruire, perché è per questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sulla porta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più che bruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questo paese. Questa è l'unica battaglia che non possiamo perdere.
©2010 /Agenzia Santachiara

(16 dicembre 2010)

mercoledì 15 dicembre 2010

ricevimento 16 dicembre 2010

La dott. Mancini riceverà gli studenti nel suo studio il 16 dicembre 2010 alle 9,00 e poi dopo il consiglio di Facoltà che comincerà alle 10.

lunedì 13 dicembre 2010

appello 14 dicembre

L'appello del 14 dicembre avrà luogo all'ufficio della Dott. Mancini. Cubo 20B ultimo piano. Scusatemi per il ritardo. Ho provato fino all'ultimo a trovare un'aula ma sono tutte occupate. nel caso trovassi un'aula domattina, troverete l'avviso fuori alla mia porta!

BM

lunedì 6 dicembre 2010

Alcune “leggende metropolitane” sull’università italiana


Alcune “leggende metropolitane” sull’università italiana



In questi anni sono circolate svariate informazioni inesatte (e talvolta false) sulla riforma universitaria, sulla protesta, ed in generale sull’università italiana. Per correggere i difetti del sistema (difetti che ci sono, beninteso) bisogna prima di tutto capirlo: è quindi essenziale sgombrare il campo da informazioni fuorvianti.
Un problema bene impostato è già per metà risolto.
Selezioniamo qualche elemento di questo ricco bestiario …

1. La riforma è avversata dai baroni
Falso. La riforma consegna l’università nelle mani dei professori ordinari, ed infatti è caldeggiata dagli stessi Rettori. I ricercatori invece verrebbero marginalizzati, messi ad esaurimento e, per effetto dei tagli del FFO e del blocco del turn-over, avrebbero scarse possibilità di progressione di carriera.
2. I ricercatori vogliono un’altra ope legis.
Falso: la maggior parte dei ricercatori desidera avere la possibilità di poter partecipare a concorsi puliti ed aperti a tutti. Nelle prime formulazioni della legge mancava totalmente un piano che permettesse di inquadrare – almeno in parte – i ricercatori come associati; con i successivi emendamenti, il Governo ha proposto una toppa peggiore del buco, nel tentativo di barattare il via libera alla legge in cambio di concorsi riservati, i quali però rischiavano di generare promozioni incontrollate.
3. I ricercatori pretendono di scioperare senza rinunciare allo stipendio.
Falso: I ricercatori non hanno l’obbligo di tenere corsi, attività che finora hanno svolto su base volontaria. Gli effetti combinati della riforma universitaria (marginalizzazione del ruolo del ricercatore) unitamente a quelli delle manovra finanziaria (taglio del FFO, blocco del turn-over, blocco degli scatti stipendiali) hanno fatto passare a molti ricercatori la voglia di fare volontariato.
4. Molte università hanno bilanci dissestati, e spendono più del 90% del finanziamento in stipendi.
A parte pochi casi, lo sforamento del tetto del 90% è determinato dalla costante diminuzione del finanziamento statale negli ultimi anni. Per fare dei numeri, la spesa per gli stipendi ammontava nel 2010 a 6,5 miliardi di euro mentre nel 2011, in conseguenza dei tagli, il finanziamento complessivo sarà di 5,97 miliardi di euro. Questo vuol dire che la maggior parte degli atenei non solo sforerebbe il tetto del 90%, ma verrebbero addirittura a mancare i soldi per pagare gli stipendi.
5. I professori hanno moltiplicato i corsi di laurea allo scopo di moltiplicare le cattedre; ci sono decine di corsi di laurea con un solo studente.
La leggenda dello studente unico è un paradosso dovuto al passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. I corsi con un solo studente sono solo quelli del vecchio ordinamento che, ormai disattivati, mutuano gli insegnamenti da altri corsi. Nessuno tiene aperto un corso di laurea per un solo studente per un motivo molto semplice: la legge non lo consente.
6. Gli atenei italiani hanno generato una messe di corsi di laurea assurdi che il Ministero vuole eliminare.
Per istituire un nuovo corso di laurea è (ed è sempre stata) necessaria l’autorizzazione del Ministero. Se esistono corsi assurdi, è anche responsabilità del ministero che li ha approvati.
7. Nell’università proliferano ricerche inutili ed autoreferenziali tipo “Performance atletica, stress e fatica nel Cavallo” o “Approccio multidisciplinare alla conservazione dell’Asino dell’Amiata”.
Questi sono effettivamente titoli di alcuni progetti di ricerca che la propaganda governativa ha additato come sprechi. In realtà si tratta di una mistificazione: questi progetti sono stati finanziati dal MIUR in seguito a procedura di valutazione effettuata da referee anonimi scelti da un panel di esperti di nominati dal Ministro Moratti. Quindi, anche se i titoli possono suonare stravaganti, si tratta di ricerche considerate valide da un gruppo esperti. Ma l’idea di ridicolizzare progetti di ricerca scientifici semplicemente ironizzando sui titoli non è originale: non è altro che una brutta copia di un format reso famoso da The Golden Fleece Award ideato più di 30 anni fa negli USA7, ed ancora oggi usato allo scopo di premere per una riduzione dei finanziamenti alla ricerca.
8. I piazzamenti dei nostri atenei nelle classifiche internazionali sono mediocri: la riforma Gelmini rilancerà l’università italiana.

Le classifiche sono un argomento delicato, e dipendono fortemente dai criteri usati per stilarle: per esempio secondo la classifica Academic Ranking of World Universities. 2010 stilata dall’università di Jiao Tong, tra le prime 150 top universities compaiono Milano, Pisa, Roma-La Sapienza, se ci allarghiamo alle prime 200 troviamo pure Padova; tuttavia in un’altra classifica famosa, la Times Higher Education (THE), nel 2010 non compare alcun ateneo italiano tra primi 200 posti. È invece interessante guardare l’evoluzione temporale dei piazzamenti; rimanendo ai dati di THE si scopre che i piazzamenti italiani sono i seguenti:
2007 : Bologna (173) e La Sapienza (183);
2008 : Bologna (192);
2009 : Bologna (174);
2010 : nessuna
Quindi, se dovessimo dare un giudizio sulla base di questa classifica, non sembra che la gestione dell’attuale Ministro abbia dato finora risultati molto positivi. Ma non cercate questa notizia sul Sole 24 Ore diretto da Gianni Riotta ;)
9. La riforma favorisce le giovani generazioni.Non siamo in grado di dire quali saranno gli effetti della riforma Gelmini (anche perché non è detto che vedrà mai la luce); però possiamo dire quel che è successo finora. In seguito ai tagli del governo gli atenei hanno cercato di eliminare le spese comprimibili, e chi ne ha fatto le spese sono stati coloro che non avevano un contratto a tempo indeterminato (tipicamente i più giovani). Anche il blocco degli scatti stipendiali punisce più duramente i giovani. Saranno tutte coincidenze?

Ci sono molte altre leggende in circolazione. Scovarle e’ utile, e talvolta anche divertente. Segnalate la vostra leggenda preferita aggiungendo un commento in coda a questo post!

Nota: questo articolo e’ la riedizione (con minime modifiche) di una sezione del “Kit del Giornalista” curato dal Coordinamento Ricercatori di Pisa.

venerdì 3 dicembre 2010

Paese senza ricerca, giovani senza futuro

FUORIPAGINA
03/12/2010

* | Rocco Di Michele


Dalla mobilitazione all'organizzazione e viceversa. Dalla protesta alla proposta, dallo sfascio funzionale alle privatizzazioni alla ricostruzione di una «funzione sociale» e consapevole della scienza. I ricercatori italiani muovono i primi passi nella costituzione di un comitato dal nome forse un po' lungo ma almeno indicativo: «Paese senza ricerca, giovani senza futuro». Del resto «ci rubate il futuro» è la frase che decine di migliaia di giovani e meno giovani ricercatori, studenti, docenti, vanno ripetendo in queste settimane dai tetti alle strade. Fin sotto Montecitorio ridotta a bunker sordo e cieco.
L'appello era partito nei giorni scorsi, condiviso da nomi noti della ricerca italiana (Margherita Hack, Alberto Di Fazio, Angelo Baracca, Ezio Amato, Luciano Vasapollo, ecc.) e ha prodotto una prima assemblea nella sala dedicata a Luigi Pintor, a Roma. L'analisi è ovviamente «scientifica» e tocca sia le motivazioni economiche che i rivestimenti idologici (il linguaggio tutto aziendale con cui ormai si tratta il sapere e la sua produzione-trasmissione: capitale umano, crediti, debiti, opportunità, ecc.), per arrivare a metodi e finalità della ricerca. Il taglio delle risorse è visto come lucida distruzione, sull'onda del «modello Alitalia» (prima si impoverisce un patrimonio pubblico per dimostrare che «il privato» è più efficiente, poi lo si privatizza tout court) o in generale dei servizi fondamentali. Il mantra dominante recita che bisogna «legare la ricerca alle imprese», fino a diventare senso comune. Ma è un ragionare molto concreto quello che porta questi ricercatori a sentenziare che «se 50 anni fa le università italiane fossero state settate sugli interessi dettati dalla Fiat, oggi non avremmo più molti atenei funzionanti».
Non è un problema solo italiano, comunque. Nel resto d'Europa, complici le politiche Ue, anche se gli investimenti pubblici in ricerca vanno aumentando – mentre qui da noi calano – la stragrande maggioranza (92%!) prende la strada degli istituti privati. Specie nel settore militare o del «controllo».
Si comprende dunque facilmente come la preoccupazione di elaborare una risposta si indirizzi verso «un sistema formativo funzionale a una società solidaristica che si preoccupa di far vivere bene i propri cittadini». Anche perché, paradossalmente, la ricerca riesce molto meglio – produce più risultati utili – quando chi la fa è libero da pressioni («svoltare l'anno», dicono qui, stretti come sono da «contratti precari» sempre sotto l'alea della proroga).

Al contrario, si vive in un ambiente dove le «intelligenze più creative» vengono indirizzate verso gli studi economici o di management, perché «se uno deve pensare al guadagno, fa l'idraulico, non il ricercatore». Ma non ci si ferma, qui, alla pura situazione lavorativa. E' molto più forte «la necessità di saldare l'esperienza sindacale nella ricerca con i movimenti in corso» (il primo legame organizzativo è venuto non a caso con il sindacato di base Usb), perché «è in momenti come questo che si crea una domanda di massa critica verso la realtà data». E si comincia a tracciare un percorso per cambiarla

giovedì 2 dicembre 2010

La riforma Gelmini e gli aiutini alle università telematiche, Cepu in primis: fondi dallo Stato, alle statali si taglia

La riforma Gelmini e gli aiutini alle università telematiche, Cepu in primis: fondi dallo Stato, alle statali si taglia


Università in crisi, studenti che protestano per i tagli, ricercatori non pagati. La situazione dell’istruzione italiana non è certamente una delle più eccelse in Europa. C’è però un fatto da notare: la riforma Gelmini, per la quale migliaia di studenti sono scesi in piazza nei giorni scorsi, non è vero che è a discapito di tutti. C’è qualcuno infatti che che ci guadagna: sono gli atenei “telematici”, le università che laureano a distanza, le quali potranno accedere alla quota di fondi destinati agli istituti non statali “in base al merito”. Non una distribuzione a pioggia, deciderà il ministero, sulla base delle indicazioni di “consulenti”. Walter Tocci dice anche che dal ministro Mariastella Gelmini starebbe arrivando un altro “regaluccio” a queste università, ben più grosso. Il deputato del Pd ha denunciato che nella bozza di decreto “per la programmazione” inviato dal ministro alla Conferenza dei rettori per il parere di rito c’è una norma che consente alle “telematiche” di trasformarsi su loro proposta in “normali” università non statali.

Tanto basta a Tocci per individuare il principale beneficiario di questa metamorfosi: “Il Cepu, che potrebbe entrare nel sistema universitario trasformando la sua telematica E-Campus in università non statale autorizzata a svolgere sia didattica a distanza sia quella tradizionale”. Una provocazione che il deputato del Pd, durante la discussione alla Camera, butta lì. Senza mancare di sottolineare “la comunanza di interessi e di sentimenti che intercorrono fra il presidente del Cepu e il presidente del Consiglio”.

Come spiega Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, risale alla memoria la visita di Silvio Berlusconi, lo scorso luglio, alla E-Campus di Novedrate, quando disse: “Dicono che sono circondato da veline, da belle senza cervello. Ecco, queste ragazze sono tutte belle, laureate con il massimo dei voti e non assomigliano certo a Rosy Bindi”. Soprattutto, però, viene in mente l’idea che Francesco Polidori ha presentato ad agosto a Berlusconi, quella di mettere a disposizione del premier la rete del Cepu per raccogliere consensi. Ecco che cosa ha detto lui stesso a Francesco Manacorda della Stampa: “Noi vendiamo formazione, dai corsi di recupero, all’inglese, all’università. Loro vendono politica. Ma in fondo il metodo non cambia e per me è un’occasione di business come le altre. Bisogna bussare a tutte le porte, ci vuole pressing e motivazione. Bisogna partire dalla sezione elettorale, ogni sezione in media 300 famiglie, e da lì scendere fino alla singola famiglia…”.

La sintonia di “Mister Cepu” con il Cavaliere è sempre stata forte fin dalla discesa in campo del 1994. Sua cugina Catia Polidori è stata messa in lista ed è diventata parlamentare del Popolo della libertà nel 2008. Salvo poi passare con i finiani di Futuro e libertà. C’è da dire che Tocci si è fermato al Cepu, ma avrebbe potuto continuare, tanti sono gli spunti offerti dalle società che sono nell’affare delle società telematiche e perciò destinatarie dei “regalucci”. L’università San Raffaele di Roma ne è un esempio. Azionista di controllo è il gruppo Tosinvest fondato dal re delle cliniche convenzionate con la sanità pubblica, Antonio Angelucci neodeputato del Pdl: partito che ha sostenuto e votato compatto la legge Gelmini. Poteva forse lui essere assalito da qualche dubbio? Diversamente da Catia Polidori, è anche rimasto fedele a Berlusconi, con il quale, peraltro, è pure socio in quell’ateneo. Perché l’8% appartiene a Fininvest servizi, e un altro 8% a Mediolanum comunicazione, controllata dalla holding che fa capo a Ennio Doris e al premier.

Non è un mistero che la nascita delle università telematiche, avvenuta al tempo di Letizia Moratti ministro dell’Istruzione abbia sempre suscitato molte perplessità anche fuori del mondo politico e della sinistra. Il Comitato per la valutazione del sistema universitario non ha mai nascosto la propria diffidenza. Basta dire che gli undici atenei telematici esistenti messi insieme, ovvero l’11,5% delle università italiane (95 in tutto) hanno appena sette professori ordinari. Sette su 18.861: uno di loro è il commissario dell’Alitalia Augusto Fantozzi, alla telematica Giustino Fortunato.

Come fanno allora a garantire le lezioni a distanza? Una domanda alla quale Rizzo risponde così: “Un caso per tutti: dalla banca dati del Comitato di valutazione si ricava che il corpo docente della Uninettuno è composto da 20 ricercatori a tempo determinato. Una categoria duramente colpita dall’ultima beffa dei politici. Perché mentre si apriva alle università telematiche lo spiraglio per accedere ai fondi pubblici, la Camera bocciava un emendamento proposto da Bruno Tabacci e Marco Calgaro che puntava a dirottare 20 milioni l’anno dall’esorbitante fondo per i rimborsi elettorali dei partiti agli stipendi dei ricercatori. Una folta pattuglia di «oppositori» rigorosamente bipartisan (Fli, Udc, Mpa e Pd) ha affondato il nuovo emendamento astenendosi o votando insieme al blocco, compattissimo, composto da Pdl e Lega. È stato il terzo salvataggio del finanziamento pubblico dei partiti nel giro di pochi mesi. Nella manovra di maggio il ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva tagliato del 50% i rimborsi elettorali. Quel taglio era stato prima ridotto al 20%, poi al 10%. Al Senato, durante la discussione della riforma dell’Università approvata dalla Camera, Francesco Rutelli era riuscito a far passare sotto il naso ai suoi colleghi una norma pressoché identica a quella proposta martedì, che destinava ai ricercatori il 20% dei soldi pubblici riservati ai partiti. Che però, alla Camera non si sono fatti cogliere di sorpresa e hanno provveduto a eliminare l’articolo dal testo”.

http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/universita-gelmini-cepu-tagli-riforma-663514/

Studenti di Bologna: non è che l'inizio!

Bologna, 30 novembre 2010


c'est n'est q'un debut


La mobilitazione continua: ora occupiamo le città fino al ritiro del ddl Gelmini e la caduta del governo Berlusconi. Saldare le lotte studentesche con le lotte sociali. La lotta continuerà nei prossimi giorni con modalità sempre più efficaci.
Oggi é stata una giornata memorabile: l'Italia é stata pervasa da centinaia di manifestazioni studentesche "mobili" che hanno invaso i centri delle città, le stazioni ferroviarie, le autostrade e alcuni luoghi simbolici del potere (da Milano a Bologna, da Firenze a Roma a Napoli).
Contrastare e bloccare il ddl Gelmini significa inceppare e ribaltare il meccanismo attraverso il quale il potere cerca di imporre la subordinazione del sapere, dell'istruzione, della formazione e della cultura, alla subcultura ignorante e populista dell'attuale sistema di potere rappresentato dal governo autoritario con connotazioni subdole e idiote del governo Berlusconi. Respingere la controriforma dell'università significa anche dare un colpo definitivo a Berlusconi e al berlusconismo imperante.
Berlusconi e il berlusconismo sono sinonimo di superficialità, di ignoranza, di subcultura, di esaltazione dell'apparenza rispetto all'essere e di violenza verbale che copre l'ignoranza e l'assenza del sapere (vedi i ripetitivi, volgari, aggressivi e imbecilli interventi dei servi sciocchi di Berlusconi, Santanché, La Russa, Storace e altri reduci dalle fogne, con i quali evidentemente con il 25 aprile del 1945 non si sono fatti i conti a sufficienza).
La pesante e brutale repressione delle forze di polizia del sistema non ha bloccato, né tanto meno impaurito le migliaia di studenti scesi in piazza.
Ora occorre proseguire la mobilitazione, anche perché la controriforma non é ancora approvata definitivamente, dovendo passare ancora al Senato. Bisogna cercare di rendere stabili e più efficienti le strutture organizzative che ci si é dati in questi giorni. Bisogna costruire rapporti con gli operai, i tecnici e i lavoratori pubblici in lotta contro la precarietà e per il rilancio delle rivendicazioni salariali.
Saldare le lotte sociali e le lotte degli studenti per abbattere Berlusconi e la sua cricca per realizzare nuovi rapporti di forza. Il governo Berlusconi é il governo del malaffare, della corruzione, della menzogna, della manipolazione e del degrado sociale. La sua pericolosità é direttamente proporzionale alla sua incapacità e alla sua debolezza. Il governo Berlusconi ha caratteristiche peggiori del governo del ventennio fascista. Berlusconi viola costantemente la stessa Costituzione borghese. Il governo Berlusconi é il governo della difesa degli interessi personali dello stesso. Berlusconi é entrato in politica per evitare la galera. Decine sono stati i processi a suo carico e decine sono state le leggi che il suo governo ha realizzato per impedire che fosse inquisito, condannato ed eventualmente arrestato.
Una parola a parte merita la falsa e "sedicente" "opposizione" istituzionale (PD in testa, ma anche Italia dei Valori, per non parlare dell'assenza della così detta Federazione della Sinistra).
L'opposizione del PD é inefficace, tutta dentro i meccanismi parlamentaristici e sostanzialmente inesistente. Siamo l'unico paese al mondo in cui a fronte della crisi di un governo inetto, antipopolare e repressivo, l'opposizione parlamentare non solo non incalza e non usufruisce della vantaggiosa situazione oggettiva, ma perde colpi e subisce la controffensiva mediocre, manipolatoria di Berlusconi e dei suoi "dipendenti" del governo. L'opposizione non ricerca e non vuole una saldatura con le lotte degli studenti e dei lavoratori, Non é un caso che anziché appoggiare e partecipare alla manifestazione della FIOM del 16 ottobre contro la politica economica di Marchionne, della Confindustria e del governo ha appoggiato una manifestazione insignificante burocratica e sostanzialmente inutile della CGIL.
Anziché raccogliere la parola d'ordine della FIOM dello sciopero generale, PD e CGIL fingono di dimenticarsene e continuano di fatto ad allontanare la caduta del governo più infame del dopoguerra.
Mentre nelle piazze di tutta Italia gli studenti, i ricercatori e settori di avanguardia della società si scontrano con la polizia di Berlusconi, Maroni, Fini ecc...;Bersani e il PD, in Parlamento, legittimavano di fatto questo governo che sta affossando la scuola pubblica, accettando il gioco degli emendamenti al ddl, come se la controriforma Gelmini fosse modificabile.
Ma per confermare l'inesistenza e la pochezza intellettuale e politica del PD di Bersani bisogna ricordare che quest'ultimo dichiarava che si rendeva necessaria un'indagine per verificare se fra i manifestanti ci fossero degli "infiltrati". Gli unici "infiltrati" che tendono a strumentalizzare la lotta degli studenti e dei lavoratori sono proprio il PD di Bersani e la Sel di Vendola e quant'altri tentano di strumentalizzare a fini elettoralistici la lotta degli studenti.

Operai studenti uniti nella lotta!

Via lo pseudo ministro Gelmini e il governo della cricca di Berlusconi.

Smascherare anche la falsa opposizione del PD, della SEL e altri.

Costruire lo sciopero generale e generalizzato entro la fine dell'anno.

Il governo Berlusconi deve essere cacciato sull'onda delle lotte di massa e non solo per meccanismi parlamentaristici.


C'est n'est qu'un debut continuons le combat

Collettivo studenti SU LA TESTA

SU LA TESTA l'altra Lombardia


laltralombardia@laltralombardia.it

"Senza cultura in Italia non rimane nulla"

http://www.facebook.com/home.php?#!/video/video.php?v=10150341082935006&oid=135477526306&comments
Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c'è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia. (E. Berlinguer)

Riforma Gelmini: intervista al matematico italiano Claudio Procesi, considerato uno dei maggiori esperti mondiali di algebra.

L'intervista: «Italia cameriera d'Europa»

Il matematico italiano Procesi commenta la riforma Gelmini.


di Denise Faticante

Il matematico italiano Claudio Procesi, considerato uno dei maggiori esperti mondiali di algebra.

«Una riforma che non dà speranza, che relega l'Italia al ruolo di cameriere d'Europa e che fa parte di un modo di fare politica da stadio». Parole pesanti indirizzate all'ultima rivoluzione dell'università voluta dal ministro Gelmini. Quello che impressiona è che a pronunciarle non sono i ragazzi dell'Onda, né i ricercatori che sono saliti sui tetti, ma un matematico tra i maggiori esperti mondiali di algebra.
Claudio Procesi, classe '41, insegna come ordinario alla Sapienza. Prima di approdare a Roma ha lavorato e fatto ricerca all'università di Chicago e alla Normale di Parigi. Ora è anche membro dell'Accademia dei Lincei.
Esperienze e attestati che potrebbero garantirgli tranquillità e benessere. Invece no. Il professor Procesi in questi giorni, come negli ultimi anni, è stato in prima linea per evitare che «l'università italiana continuasse ad andare alla deriva». Ha creato un blog aperto alla discussione sul mondo accademico. Ha cercato, con altri colleghi, un contatto con la Gelmini. Dopo tanti mesi è riuscito per vie traverse ad avere un appuntamento con lei, ma quando si è presentato lì il ministro gli ha dato buca.

Tantissime le proteste e le manifestazioni, da Nord a Sud.

Domanda. Professor Procesi, cosa avrebbe voluto dire al ministro Gelmini?
Risposta. Sicuramente la mia intenzione era quella di aver un confronto. Non è stato possibile. Devo anche dire che quando era ministro Fabio Mussi, la situazione non era molto diversa. Per la politica l'università, il mondo della ricerca e la scienza sono trasparenti. Noi non esistiamo per loro, siamo dei fantasmi. E siccome non ci considerano, non possono certo fare il nostro bene.
D. Parole e gesti che non hanno sortito effetto. La riforma ora è legge.
R. Il fatto che sia diventata legge non mi esime dall'esprimere giudizi, però.
D. Bene, allora iniziamo.
R. Ci troviamo di fronte a un pasticcio, a una legge fatta con molti annunci e poca sostanza. Più potere ai rettori, la meritocrazia, l'idoneità nazionale, l'agenzia di valutazione. Non vede che sono tutti slogan? Che significato hanno? Sono spot politici vuoti, senza una vera idea di fondo ma soprattutto senza copertura finanziaria. Cosa me ne faccio io del listone nazionale se poi non ho i soldi per la mia ricerca? Tutto è campato in aria.
D. Qualcuno dice che questa riforma accontenta solo i baroni. É così?
R. Ma chi sono i baroni? Sono dentro l'università dagli anni Sessanta e ho visto sfilare davanti a me diverse figure di barone. Esiste quello pre-sessantottino, autoritario, burbero che rappresentava un'effettiva linea culturale. I nuovi baroni sono quelli che intrallazzano con la politica. E mi permetta di dire una cosa pesante.
D. Prego
R. Sono quelli che intrallazzano con la politica e che poi alla fine sono quelli che diventano rettori.
D. Frati (Rettore della Sapienza ndr) non sarà molto contento di queste parole.
R. Non mi faccia esporre più del dovuto. Nella mia carriera ho conosciuto solo un grande rettore che poi è stato anche un grande ministro della Pubblica Istruzione. Era Antonio Ruberti. É stato il primo e l'ultimo a mettere davvero mano sulla questione del precariato eliminando la figura degli assistenti e prevedendo per loro un nuovo iter per inquadrarli. Dopo quello il buio, il nulla. E comunque queste nuove norme non aiutano nessuno, neanche i rettori.
D. Eppure la figura del rettore ne esce fortificata.
R. Certo, ma mi dica come faranno i rettori a gestire un'università come la vuole la Gelmini? Gli atenei saranno in continuo subbuglio. Gli studenti saranno perennemente arrabbiati e i ricercatori, demotivati, smetteranno anche di supplire alle carenze dell'università.
D. Infatti i ricercatori sono le vere vittime della riforma.
R. I ricercatori sono nostri colleghi, il vero futuro degli atenei. Le nuove regole prevedono che ogni otto anni le università prenderanno i ricercatori per poi rottamarli a fine corsa. Che prospettive ci sono dunque? É ovvio che, come minino, salgono sui tetti.
D. A proposito di tetti, lei cosa ha fatto in questi giorni di contestazione? E cosa risponde a chi demonizza il movimento accusandolo di “sinistrismo”?
R. Si tratta di un'accusa infondata e di una forzatura. Rispetto alle contestazione del 68, per esempio, i gruppi che oggi contestano sono meno corporativi. Ma chi non vede futuro cosa deve fare? In questi giorni sono stato in contatto telefonico con i ricercatori di Architettura saliti sui tetti. Io poi ho quasi settanta anni, dove vuole che vada.
D. Inesperienza, inefficienza, dilettantismo, mancanza di visione politica o determinazione a demolire la scuola pubblica? Cosa vede lei dietro questa riforma?
R. La mia visione non è chiara e netta. Secondo me questa nuova legge rispecchia solo la tendenza, anzi la deriva che sta prendendo l'Italia. Il Paese non produce più nulla. Non facciamo ricerca, non costruiamo più niente, spingiamo all'estero i nostri ragazzi, dislochiamo le fabbriche. Siamo destinati solo a diventare i camerieri d'Europa. Questo è il nostro triste destino. E credo che questa riforma vada esattamente in questa direzione. C'è una classe politica disinteressata al futuro. E questi sono i risultati.

Giovedì, 02 Dicembre 2010

Gli studenti dell'Università di Brera: guardate il video!

Gli studenti dell'Università di Brera chiedono l'elemosina per l'università:

http://www.youtube.com/watch?v=s-R7rylNdi8&feature=player_embedded

Le minacce del Ministro

Le false minacce del Ministro

Assediato dalle proteste di studenti, precari e ricercatori contro il DdL, oramai privo di argomentazioni credibili, isolato dal fallimentare esito della raccolta di firme di professori ordinari (spesso pensionati!) in suo sostegno e svergognato dalla partecipazione a trasmissioni radiofoniche che evidenziano la totale ignoranza dei contenuti del DdL che porta il suo nome, il ministro Gelmini passa ora direttamente ai ricatti. In una quanto meno irrituale nota del MIUR si paventano, in caso di mancata approvazione del DdL, presunti blocchi dei concorsi. A dire del ministro i concorsi da professore sarebbero bloccati dalla mancata emanazione dei decreti attuativi della legge Moratti e quelli da ricercatore a causa della scadenza dei regolamenti concorsuali il prossimo 31 dicembre.

Questo è assurdo. Il compito di emanare i decreti attuativi, tanto della legge Moratti quanto eventualmente della riforma impostale da Tremonti, spetta infatti proprio al ministro Gelmini. Cosa intende dire il Ministro? Che se il DdL non viene approvato terrà bloccati i concorsi per punire il mondo universitario? Martedì 30 Novembre 2010 a Roma e in tutte le principali città italiane il Governo ha imposto a manifestanti e cittadini una militarizzazione dello spazio pubblico senza precedenti, oggi il Ministro tenta di zittire il dissenso espresso democraticamente da studenti, ricercatori e precari attraverso vere e proprie minacce.

E cosa dire poi del presunto blocco dei concorsi da ricercatore? Premesso che in caso di approvazione del DdL sarebbero definitivamente aboliti per cui non si capisce come mai qualcuno dovrebbe temere il loro blocco, rammentiamo che la scadenza del 31 dicembre 2010 si riferisce alle sole norme di composizione delle commissioni e che secondo l'interpretazione più diffusa questo porterebbe semplicemente al ritorno alle norme precedenti. Ma anche qualora sia giuridicamente fondata l'ipotesi di un blocco, per quale ragione il termine di scadenza non potrebbe essere posticipato attraverso il tradizionale milleproroghe di fine anno, come già fatto anche nel 2009? Cosa è? Un'altra minaccia?

Sappia, il ministro Gelmini, che non saranno queste intimidazioni, né le continue violazioni dei più basilari principi della democrazia a fermare la nostra mobilitazione ferma, pacifica e determinata contro un DdL che disegna un futuro di precarietà per noi e per le generazioni future e cancella definitivamente la democrazia negli atenei e il diritto allo studio in questo paese. In un'università in cui lavorano circa 60000 precari e dalla quale escono per pensionamento quasi 2000 docenti all'anno, la cancellazione delle poche decine di contratti a tempo determinato consentiti ogni anno dal DdL e dalla manovra economica di luglio non è certo una minaccia che possa fermare la nostra protesta.

Coordinamento dei Precari della ricerca e della docenza - Università (CPU)
http://coordinamentoprecariuniversita.wordpress.com/

2 Dicembre 2010