martedì 2 novembre 2010
Così la Gelmini premia i meritevoli!
Solo 26 milioni, insufficienti per i 180 mila meritevoli
La Gelmini taglia il 90% delle borse di studio universitarie
di: Antonio Rispoli
ROMA - Ancora un esempio di come il governo italiano ha deciso di punire i meritevoli della scuola, coloro che hanno eccellenti qualità ma non hanno un padre straricco ed evasore fiscale che paghi loro ogni capriccio. E così i 246 milioni previsti per le borse di studio universitarie, nella finanziaria approvata a luglio, sono stati ridotti a 25,6 milioni. Una riduzione pari a circa il 90%, che dovrebbe essere divisa (ma ancora non si sa come) tra 180 mila ragazzi e ragazze che hanno studiato tanto e bene, ma che hanno un reddito familiare lordo sotto i 17 mila euro. Sia ben chiaro, non sono cifre fantasmagoriche (le assegnazioni sono regionali e vanno dai 1000 ai 2000 euro), ma servono per le spese scolastiche: l'abbonamento ai mezzi pubblici, magari l'affitto per i fuori sede (ma solo per qualche mese), un pranzo o una cena con i colleghi senza andare in mensa scolastica. No, adesso questo non c'è più. E per l'anno prossimo è inutile darsi da fare: saranno disponibili solo 13 milioni, la metà di quanto previsto quest'anno.
E' così decretata la fine di un istituto istituito come assegno universitario nel 1963, limitato ai bassi redditi nel 2001 (oggi si arriva a 17 mila euro lordi, in pratica ad entrate familiari nell'ordine di 1000 euro al mese), ma che era comunque utilissimo. Anche queste sono misure che alimentano l'abbandono universitario, già altissimo, e soprattutto l'ignoranza del nostro Paese, che è degna ormai di un Paese africano, se si considera il termine in una accezione più vasta.
La Gelmini taglia il 90% delle borse di studio universitarie
di: Antonio Rispoli
ROMA - Ancora un esempio di come il governo italiano ha deciso di punire i meritevoli della scuola, coloro che hanno eccellenti qualità ma non hanno un padre straricco ed evasore fiscale che paghi loro ogni capriccio. E così i 246 milioni previsti per le borse di studio universitarie, nella finanziaria approvata a luglio, sono stati ridotti a 25,6 milioni. Una riduzione pari a circa il 90%, che dovrebbe essere divisa (ma ancora non si sa come) tra 180 mila ragazzi e ragazze che hanno studiato tanto e bene, ma che hanno un reddito familiare lordo sotto i 17 mila euro. Sia ben chiaro, non sono cifre fantasmagoriche (le assegnazioni sono regionali e vanno dai 1000 ai 2000 euro), ma servono per le spese scolastiche: l'abbonamento ai mezzi pubblici, magari l'affitto per i fuori sede (ma solo per qualche mese), un pranzo o una cena con i colleghi senza andare in mensa scolastica. No, adesso questo non c'è più. E per l'anno prossimo è inutile darsi da fare: saranno disponibili solo 13 milioni, la metà di quanto previsto quest'anno.
E' così decretata la fine di un istituto istituito come assegno universitario nel 1963, limitato ai bassi redditi nel 2001 (oggi si arriva a 17 mila euro lordi, in pratica ad entrate familiari nell'ordine di 1000 euro al mese), ma che era comunque utilissimo. Anche queste sono misure che alimentano l'abbandono universitario, già altissimo, e soprattutto l'ignoranza del nostro Paese, che è degna ormai di un Paese africano, se si considera il termine in una accezione più vasta.